Scritto da © ferdigiordano - Lun, 10/09/2012 - 10:19
1
La sagoma in fuga è la fuga stessa. Vita:
insieme di soste brevi, inefficaci. Rabberci. Il prezzo
della calma è quel legno, il faggio: lo usò, ma non adesso.
Come è evanescente il rifugio!, pensa
la preda Persa. Quanto più me ne allontano,
più lo rendo sicuro. E il terreno duro suona l’incredibile
bossa nel recupero della corsa sulla corda della mira
con rabone micidiali: spigoli nei sassi, appoggi
mollati.
Di nuovo inseguire! Dice
il cacciatore Salvo. Pesa ogni arma, e dovunque.
Si piega l’erba. Cede se un passo resta. La radice non muore,
ma non vivrà se il tacco affonda l'osso. Ho una mira
adatta ad ogni luogo: tesso il filo più sottile, la morte:
la morte verrà in un colpo solo - non lo sa, la preda
che la caccia è pietosa.
2
Salvo ha visto le vanesse sfarfallare sui trifogli
con improvvisi occhi. La libertà ha un segreto
con molte chiavi - gli raccontava Lucido - ed una
si scopre con le ali, però in silenzio. C’è movimento
a croste, arbusti smossi, segni interrogativi
che lo concentrano. La passione assilla dai tendini
la macchina divina come ingranaggio di scena
per rappresentare l’inferno.
Intanto, i cavalli sul falsopiano drizzano il lungo collo
fremono nervosi le frogi cavernose e scuotono il crine
alle mosche, attenti alla lentezza dei vermi sul fieno.
Il centopiede caracolla le centozampe: gli vanno di lato
continue ondate, ma i saltimpali, marinai di piume minute,
stanno a loro come reduci dalla fame dei ciclopi.
Il bruco dentro, il saltimpalo sopra, il cavallo
fuori, purché recinto ognuno è preda - Salvo pensa - la libertà
è un mistero e un’altra chiave la possiede la preda appena
appena nel convoglio dei sensi. L’avrebbe detto
anche Lucido al quinto barbera ai lumi di cera.
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