Scritto da © ferdigiordano - Dom, 11/12/2016 - 00:55
Il mattinale riporta in fatti la notte fuori casa,
D’altra parte, è giorno lì.
Giorno pieno di strutture roboanti, rosastre, rotte.
Così è della tenebra sbarcare il lunario.
Titubante, accolgo la notizia ch’è passata;
come un’ombra è venuto domani.
Animo!, c’è un’alba da rispettare
e luce ubriaca muove dal latte in avanti,
quasi mucche in strada. Non a mandria, quasi.
Ora io so che quegli esili bianchi a pelo
sistemati tra pochi altri sparsi,
non è la neve che deserto chiedo al cielo,
sono cordami per il ponte
calato tra questa e quella valle cieca.
Però oggi ho un pensiero contromano,
sostenibile fin che il sentiero resta leggero:
qualsiasi cosa abbia percorso,
non avrà più il passo precedente;
conserva l’orma,
l’etimo del piede come desiderio.
Ovvero: la forma del sangue, della linfa e del minerale,
presi da chiarezza di intenti,
non arriva in tempo.
Anche scritta è solo un treno in transito.
Chiedo perdono a te, alle lettere che metto in riga
sopra una rotaia invisibile e consorte
quasi lette.
Lo scambista che ho in mente
usa più leve di un generale
di corpo armato.
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