Scritto da © ferdigiordano - Sab, 07/09/2013 - 16:59
Prendo una pietra. La prendo in modo che essa si chieda
che mai la sollevi, e perché dovrebbe volare sul prato
da un punto all’altro, da una mano al vago.
Prima ero al telefono con il mio cardiologo
e sono rimasto di sasso: stai bene, ha detto, non pensare tanto.
Sento ogni nervo disteso che il pendio ha finora solo levigato,
vedo nella piccola roccia l’eternità dell’atomo. Immagino
ogni sorta di micromotori nel mio torace. Io so
che un cardiologo non è un’aquila, non spazia tra vette
ma sostiene la mia cattedrale, eppure sento pulsare
la pietra con un leggero affanno. Le dita la avvolgono
come un costato.
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