Scritto da © Fausto Raso - Lun, 08/02/2016 - 01:26
Permettetemi, gentili amici, di entrare discretamente nelle vostre case e di presentarmi. Sono il principe del discorso, la parola per eccellenza; in altri termini sono il verbo. Dai miei biografi sono definito «quella parte variabile del discorso che serve per indicare un fatto, un modo di essere, un’azione riferita a un determinato soggetto e considerata nel tempo passato, presente e futuro». Come potete constatare, senza di me nessuno può “aprire bocca”; sono, quindi, la “chiave” che vi consente di accedere dappertutto nel vastissimo labirinto della lingua italiana. Posso vantare nobili natali: discendo, infatti, dal latino “verbum”, la parola per eccellenza. Tutti i verbi della lingua italiana possono essere raggruppati in due grandi categorie: verbi ‘transitivi’ e verbi ‘intransitivi’. Non tutti, però, mi sanno adoperare a dovere, anzi molti non riescono a distinguere un verbo transitivo da un verbo intransitivo. Alcuni, tra i miei biografi, amano dire: un verbo si dice transitivo quando l’azione da questo espressa “passa” (transita) direttamente dal soggetto che la compie all’oggetto che la riceve: Giuseppe impara la poesia. Oppure: un verbo si dice transitivo quando può avere un complemento oggetto (anche sottinteso). Nonostante queste chiarissime definizioni, però, molto spesso alcuni non riescono a “trovare” il complemento oggetto perché sovente non è espresso. Ho pensato, quindi, di suggerirvi un piccolo “trucco” per distinguere i verbi transitivi da quelli intransitivi, da quelli, cioè, che non possono avere un complemento oggetto perché l’azione non “passa” ma resta sul soggetto che la compie. Vediamo. Un verbo è transitivo se può diventare passivo con l’ausiliare essere (o venire). Mi spiegherò meglio con un esempio: Mario vede il sole. Possiamo dire “esser visto”? Sí, il verbo vedere è, quindi, transitivo. Antonio passeggia sul marciapiede. Possiamo dire “essere passeggiato” (o “venire passeggiato”)? Indubbiamente no. Il verbo passeggiare, per tanto, è intransitivo. L’azione che Antonio compie (il passeggiare) non “passa” sul marciapiede ma resta sul soggetto (Antonio). A questo riguardo mi preme chiarire il corretto uso del verbo “iniziare”, perché se non adoperato a dovere è spesso causa di furibonde liti con il cugino “cominciare”. Mamma Rai – come usa dire – fino a qualche tempo fa, anziché fare la “pompiera” alimentava le liti tra i due. Sul piccolo schermo compariva la scritta «le trasmissioni inizieranno alle 9.30». Questo “inizieranno” mandava letteralmente in bestia il verbo cominciare, l’unico autorizzato a comparire in frasi di questo tipo. Perché? vi domanderete. È presto detto. “Iniziare” è solo transitivo, non può essere adoperato intransitivamente. Le trasmissioni quale azione compiono, visto che un verbo transitivo deve avere necessariamente un soggetto animato che compie l’azione? In casi del genere, se proprio si vuole usare il verbo iniziare, lo si faccia diventare un finto passivo o riflessivo: le trasmissioni si inizieranno alle 9.30. Il problema non si pone se si adoperano i verbi che fanno alla bisogna: cominciare o incominciare, entrambi sono “bivalenti”, possono essere, cioè, sia transitivi sia intransitivi. Grato della vostra attenzione, vi saluto cordialmente.
Il vostro amico Verbo
Fausto Raso
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