Scritto da © Fausto Raso - Lun, 30/09/2013 - 13:00
Avreste mai immaginato, cortesi amici amatori della lingua, di compiere un’operazione di aritmetica, precisamente un’addizione, tutte le volte che nascondete qualcosa? No, non stiamo dando i... numeri e se avrete la pazienza di seguirci scopriremo assieme la relazione che intercorre tra il nascondino, o meglio il verbo nascondere e l’addizione, o meglio il verbo addizionare.
Se apriamo un qualunque vocabolario della lingua italiana alla voce “nascondere” leggiamo: sottrarre una persona o una cosa alla vista altrui, ponendola in luogo dove non sia facilmente reperibile. Chiarito questo, è necessario risalire all’etimologia del verbo che è, naturalmente, latina: “abscondere” piú il prefisso “in-” e divenuto in italiano ‘nascondere’, appunto. “Abscondere”, che alla lettera significa “riporre, mettere insieme”, è composto con la particella “abs” (da) che indica allontanamento, separazione e “dere” che rappresenta la radice “dha” (porre, fare, ridurre), in altri termini “mettere in disparte”. In latino abbiamo, infatti, il verbo “ab-dere” che vale “allontanare dallo sguardo”, quindi... nascondere. Colui che nasconde qualcosa, dunque, la mette in disparte “allontanandola dallo sguardo”.
Ma torniamo alla radice “dha” che è la stessa che ha generato... l’addizione, dal latino “additus”, participio passato di “addere” (aggiungere, quasi ‘porre presso’). Questo “addere” consta di due elementi: il prefisso “ad-” e “do” che nella fonetica latina rappresenta la radice sanscrita “dha” (greco: thé) e vale “ridurre, fare, porre”. Chi nasconde qualcosa, insomma, sotto il profilo prettamente etimologico, “aggiunge qualcosa in un posto”.
Quanto all’uso del verbo, a nostro modo di vedere, sarebbe piú appropriata la forma 'aferetica' “ascondere” (senza la “n”) in quanto piú vicina all’origine latina. Il principe degli scrittori, Alessandro Manzoni, ci dà un bellissimo esempio del verbo “ascondere” nella “Pentecoste”, là dove dice: manda alle ascose vergini / Le pure gioie ascose.
Potremmo imparare a usare, però – con la massima indifferenza – l’avverbio “ascosamente” in luogo dell’orribile nascostamente. Che ne dite? Peccheremmo di “snobismo linguistico”?
Avreste mai immaginato, cortesi amici amatori della lingua, di compiere un’operazione di aritmetica, precisamente un’addizione, tutte le volte che nascondete qualcosa? No, non stiamo dando i... numeri e se avrete la pazienza di seguirci scopriremo assieme la relazione che intercorre tra il nascondino, o meglio il verbo nascondere e l’addizione, o meglio il verbo addizionare.
Se apriamo un qualunque vocabolario della lingua italiana alla voce “nascondere” leggiamo: sottrarre una persona o una cosa alla vista altrui, ponendola in luogo dove non sia facilmente reperibile. Chiarito questo, è necessario risalire all’etimologia del verbo che è, naturalmente, latina: “abscondere” piú il prefisso “in-” e divenuto in italiano ‘nascondere’, appunto. “Abscondere”, che alla lettera significa “riporre, mettere insieme”, è composto con la particella “abs” (da) che indica allontanamento, separazione e “dere” che rappresenta la radice “dha” (porre, fare, ridurre), in altri termini “mettere in disparte”. In latino abbiamo, infatti, il verbo “ab-dere” che vale “allontanare dallo sguardo”, quindi... nascondere. Colui che nasconde qualcosa, dunque, la mette in disparte “allontanandola dallo sguardo”.
Ma torniamo alla radice “dha” che è la stessa che ha generato... l’addizione, dal latino “additus”, participio passato di “addere” (aggiungere, quasi ‘porre presso’). Questo “addere” consta di due elementi: il prefisso “ad-” e “do” che nella fonetica latina rappresenta la radice sanscrita “dha” (greco: thé) e vale “ridurre, fare, porre”. Chi nasconde qualcosa, insomma, sotto il profilo prettamente etimologico, “aggiunge qualcosa in un posto”.
Quanto all’uso del verbo, a nostro modo di vedere, sarebbe piú appropriata la forma 'aferetica' “ascondere” (senza la “n”) in quanto piú vicina all’origine latina. Il principe degli scrittori, Alessandro Manzoni, ci dà un bellissimo esempio del verbo “ascondere” nella “Pentecoste”, là dove dice: manda alle ascose vergini / Le pure gioie ascose.
Potremmo imparare a usare, però – con la massima indifferenza – l’avverbio “ascosamente” in luogo dell’orribile nascostamente. Che ne dite? Peccheremmo di “snobismo linguistico”?
Fausto Raso
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