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Dal maresciallo al mascalzone

Se il maresciallo sapesse che anticamente la sua funzione non era affatto quella di comandante (di una stazione dei carabinieri, per esempio) bensì di sguattero addetto alla manutenzione dei cavalli, farebbe fuoco e fiamme per costringere chi di dovere a mutare il nome (si fa per dire) del grado tanto sospirato. Bando agli scherzi.
 Vediamo come il vocabolo si è nobilitato nel corso dei secoli fino a raggiungere o, per meglio dire, acquisire l’accezione attuale: il più alto grado nella gerarchia dei sottufficiali; quindi il militare che è insignito di tale grado.
Il termine, innanzi tutto, pur provenendo dal tardo latino mariscalcus, si rifà a un’antichissima parola teutonica: marhskalk. «Marhskalk! Chi era costui?» per dirla alla Manzoni. Nient’altro che uno sguattero, un servo (shalk) addetto ai cavalli (marh), insomma l’inserviente della stalla.
   Da questo antichissimo termine i linguisti medievali coniarono il vocabolo mariscalcus (da cui l’italiano antico mariscalco) che nel corso dei secoli dovette sottostare a molteplici alterazioni di forma: marescalco, maniscalco, maliscalco e perfino quella sincopata di mascalco.
   A questo punto era necessario creare un termine che indicasse — accanto a quello di colui che aveva la cura dei cavalli — la funzione del marescalco; si ebbe, così, la mariscalcìa, marescalcìa, maliscalcìa, maniscalìa e la forma sincopata mascalcìa.
Quest’ultima parola è la sola arrivata fino a noi e rimasta nell’uso per indicare l’arte del maniscalco, oltre, naturalmente, al termine — ormai consolidato — maniscalco (colui che ferra i cavalli). 
   Entriamo ora nella storia per vedere come il termine maresciallo si è evoluto e, quindi, nobilitato.
Sappiamo tutti che nei tempi andati il principe, il signorotto, possedeva una grossissima scuderia la cui manutenzione richiedeva una non comune perizia e non poche responsabilità. Il titolo di marshalk, per tanto, salì di grado: prima fu attribuito al capo degli stallieri e infine, addirittura, al capo, al responsabile delle scuderie reali e imperiali, che era un altissimo ufficiale. La fortuna del servo addetto ai cavalli era, ormai, all’apogeo.
   Il vocabolo, infatti, approdò alla corte francese trasformandosi in maréchal: lì si cominciò a insignire del titolo di maréchal il comandante della cavalleria e poi quello di tutto  l'esercito, di cui la cavalleria era la parte più importante, piú nobile. Il nostro maresciallo, quindi, sotto il profilo etimologico è l’adattamento del francese maréchal.
   Tradiremmo gli amatori della  lingua, però, se non mettessimo in evidenza un altro ramo della famiglia del maresciallo rimasto un umile ferratore di cavalli: il maniscalco. Quest’ultimo ha avuto dei discendenti poveri se non, addirittura, disgraziati.
   Il vocabolo, infatti, si cominciò ad affibbiare a qualunque persona rozza e volgare («sei proprio un maniscalco!») poi, pian piano, ai masnadieri, ai delinquenti e agli assassini di strada; a tutti coloro, insomma, che non rispettavano le leggi. Nacquero, così, gli accrescitivi sempre più spregiativi: maliscalcione, maniscalcione e la solita forma  sincopata mascalcione per arrivare, finalmente, all’odierno mascalzone.
Sotto il profilo etimologico quindi  — e sia ben chiaro — tra l’ultimo dei mascalzoni e il primo dei marescialli non c’è differenza alcuna.

Fausto Raso

 

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