ere fa | Prosa e racconti | plissè | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

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ere fa

Credo anche di sapere come me ne andrò, perché ho come un deja vu della mia morte: sogno spesso di precipitare dall'alto e schiantarmi su una di quelle strade che non disegno mai. FINE.”
 
                                                                                                                                                                  plissè
 
 
A ricordo dell'amico Roberto alias plissè, un suo racconto di poco tempo fa.
 
Ciao Roberto, i tuoi amici di Rosso Venexiano
 
 
 
Ere fa nacque un bambino. Il suo nome era Morte. Dopo il parto la madre morì ed il padre la seguì di lì a poco. Della sua infanzia si può dire che non fu una delle peggiori. Ma la prematura scomparsa dei genitori, gli conferì un'aria triste ed introversa. Venne affidato ad una levatrice, chiamata Destino. I suoi giovani anni trascorsero velocemente ed in quel periodo connobbe una bambina, di cui si innamorò perdutamente. Non so se può definirsi amore quello di un bambino, tuttavia Morte non era un bambino qualsiasi. Il nome di lei era Vita. Avevano legato da subito. Lei sempre allegra, vivace. Leggera, trepidante.
Quando c'era Vita, Morte diventava un altro ed era come se si completassero. Spesso si incontravano per giocare. Giocavano a rincorrersi. Giocavano a nascondersi. Col tempo erano diventati inseparabili.
Un giorno Morte si arrampicò alla finestra di Vita  per guardarla, mentre dormiva e si stupì a vederla agitarsi e parlare nel sonno: "No! Non voglio. Non voglio". Il giorno dopo Morte, ancora turbato per l'accaduto, si rivolse a Destino, chiedendole una cura per l'insonnia.
Destino lo accompagnò fino all'estremo limite di un bosco nero e lì si fermò:" Adesso vai. in direzione di quel sentiero che si apre fra quelle due querce secolari. Se lo percorrerai tutto, alla fine di esso troverai la risposta". Morte si incamminò e camminò. Passo dopo passo si inoltrò in una boscaglia sempre più fitta, sempre più angusta. I rami e le foglie erano così confusi ed inestricabili, che non lasciavano passare un solo filo di luce e tutto, lì, era orrendamente buio. Le radici ed i rovi gli spellavano la carne. Tentò di ritornare indietro, ma non vi riuscì. Cercò qualcuno, ma non lo trovò. Alla fine, stanco ed avvilito, si fermò vicino ad un piccolo ruscello.
Mentre piangeva, apparve la Vecchiaia, di gazza vestita, che lo consolò: "Prendi, Morte. Questo è il mio regalo per te". Gli consegnò un falcetto per potersi aprire la strada più facilmente, attraverso la vegetazione. Poi scomparve. Morte si rimise in cammino e iniziò a tagliare e a tagliare e a tagliare ancora. Ad ogni taglio sembrava riacquistare vigore e coraggio. Finalmente giunse alla fine del sentiero, che, poi, era anche la fine del bosco. Non c'era nessuno ad attenderlo. Davanti a lui un prato di un verde sconfinato. All'orizzonte un mare luminoso. Un cielo terso. Tuttavia, in lontananza, riuscì a distinguere la figura di una bambina, che correva a perdifiato su quella distesa di fiori. La riconobbe subito. Era Vita. Oh! Che gioia rivederla. Quasi non ricordava più quanto tempo e quanta fatica gli era costato quel viaggio. Ma non gli importava. Iniziò a correre in direzione di Vita, chiamandola a gran voce. Tuttavia, quando lo vide avvicinarsi, gli supplicò di non farlo: "No. Non voglio. Non voglio". Un vento gelido proveniente dal bosco iniziò a soffiare con veemenza. Il prato sfiorì ed il tempo si rabbuiò. Morte svenne. Quando si svegliò era alla finestra di Vita, che si agitava nel sonno. IL giorno dopo chiese a Destino una cura per l'insonnia........
 

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