Scritto da © Dylan - Dom, 07/04/2013 - 02:19
Tutto cade in un grigiore
malato.
Un' aria pressata ed elettricità
rallenta la quota
del contachilometri.
Sultuo corpo selvaggio si muove, il mio cervello in fiamme
vuoto _
Oggi sono contento, ché il presidente Mao
è venuto a casa mia a prendere un caffè
e mi ha spiegato la popolarità
(la
p
o
p
o
l
a
r
i
t
à)
forse
forse aquisita
della sua Repubblica.
E poi non ti dico che ceffi,
al bar lì accanto, bevevano birra
e tracannavano gamberi bolliti,
uno col sigaro,
uno inglese,
uno potente, per dio!
Un conservatore.
Ma secondo me alla fine l'unica cosa che devi conservare,
è un po' della tua faccia di cazzo.
Mi esprimo in modo disonesto? Non credo.
Non è poesia.
Sono parole malate.
Dovrò giocare a questo gioco, per non morire
e allora, diciamo bene
faccia di cazzo.
Voglio sfogarmi almeno un po',
mi sembra di non dover trovare una valvola di sfogo,
come se fosse una penitenza,
ah, ma i computer ci controllano, col loro stronzo
software, ci hanno proiettato nel vuoto
nel vuoto profondo,
qui dunque, tra queste frasi si vomita.
Ma alla fine devi appicicarti il sorriso,
non importa se tiene poco o bene,
l'importante è che sembri così.
Per voto, delle volte, anche la mia cetra sarà appesa
alle fronde dei salici.
Come me ne vado?
Come un gatto spaventato, per ora,
ma veloce.
Mi sembra l'ideale.
Una nube soffoca il cielo
a occidente,
cade, cade plumbea
sull'asfalto,
ma ha seguito il sole.
E' il tramonto.
a occidente,
cade, cade plumbea
sull'asfalto,
ma ha seguito il sole.
E' il tramonto.
Tutto cade in un grigiore
malato.
Un' aria pressata ed elettricità
rallenta la quota
del contachilometri.
Sultuo corpo selvaggio si muove, il mio cervello in fiamme
l'addome, il torace tranquillo, i fianchi celati sotto le mie mani,
le ombre dei cipressi alla finestra, erotico odore nell'aria.
Ma le tue spalle sono le terre desolate dove mi addormento
e innalzo mura bellissime e antiche, portici immensi
e il tempo
decade
d
e
c
a
d
e
nel
le ombre dei cipressi alla finestra, erotico odore nell'aria.
Ma le tue spalle sono le terre desolate dove mi addormento
e innalzo mura bellissime e antiche, portici immensi
e il tempo
decade
d
e
c
a
d
e
nel
vuoto _
Oggi sono contento, ché il presidente Mao
è venuto a casa mia a prendere un caffè
e mi ha spiegato la popolarità
(la
p
o
p
o
l
a
r
i
t
à)
forse
forse aquisita
della sua Repubblica.
E poi non ti dico che ceffi,
al bar lì accanto, bevevano birra
e tracannavano gamberi bolliti,
uno col sigaro,
uno inglese,
uno potente, per dio!
Un conservatore.
Ma secondo me alla fine l'unica cosa che devi conservare,
è un po' della tua faccia di cazzo.
Mi esprimo in modo disonesto? Non credo.
Non è poesia.
Sono parole malate.
Dovrò giocare a questo gioco, per non morire
e allora, diciamo bene
faccia di cazzo.
Voglio sfogarmi almeno un po',
mi sembra di non dover trovare una valvola di sfogo,
come se fosse una penitenza,
ah, ma i computer ci controllano, col loro stronzo
software, ci hanno proiettato nel vuoto
nel vuoto profondo,
qui dunque, tra queste frasi si vomita.
Ma alla fine devi appicicarti il sorriso,
non importa se tiene poco o bene,
l'importante è che sembri così.
Per voto, delle volte, anche la mia cetra sarà appesa
alle fronde dei salici.
Come me ne vado?
Come un gatto spaventato, per ora,
ma veloce.
Mi sembra l'ideale.
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