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La solitudine del Re (ogni riferimento non è puramente casuale)

                                                                                                             596 d.C.
 
I
 
Agosto.
I ciliegi di sangue
carezzati dal vento.
Vedo il mio impero
lentamente morire
e le terre 
di cui ero padrone
dissolversi
come gocce di pioggia.
Sento il mio popolo
sorridere alla rivoluzione,
in ogni strada buia
in ogni angusto vicolo
della mia nazione.
 
II
 
Squilli di trombe
e rulli di tamburi
percuotono il cielo sereno.
A cosa serve più
questa fortezza e 
quei muri di cinta?
A cosa serve più
questa corona 
insanguinata?
A cosa servono più
i fedeli servitori che si fecero 
umili per la mia grandezza?
Ora i rivoltosi
traversano il fiume.
A cosa servirà tutto questo
quando verranno a prendermi?
 
III
 
Solo, mi aggiro
tra queste fredde
stanze.
Il silenzio è
il clamore
delle genti.
 
E mi accorgo
di aver sempre vissuto
la solitudine.
 
E sempre più
mi convinco che,
stasera, la storia
brinderà
al suo popolo.
 
 
IV- La chiave (di lettura?)
 
La legge è il popolo
il popolo è la legge
 
Oggigiorno
i Re sono figure tristi,
sfocate e brulle.
 
E il tempo, il tempo sire
(quel gufo diabolico)
è talmente malvagio.
E le vostre conquiste sire,
tutte le vostre ricchezze
(avete visto? ve ne rendete conto ora?)
potrebbero sparire
ogni volta che battete le vostre ciglia
o schioccate troppo forte
le dita.
 

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