Scritto da © Glasya Labolas - Dom, 14/02/2010 - 22:34
A bussarti
nel tuo guardare
come sulle finestre di una estate
una nuova, che acceca ogni frase
sarei privo di talento
- buffoneggiando un cardellino o un'upupa, per essere più d'èlite -
così navigo d'attorno
incerando i sensi alle sirene
cordata alle mie smorfie giulive
e salvarti
da tempeste irragionevoli d'orsa.
A velarti
certe nicchie in disavanzo
per il grado ottimale
delle lune al viso
e disperdere tra meridiani sciocchi
le schiene d'ogni postura
- distratto dalla scelleratezza beota di chi non mastica cicuta a iosa -
così presto la superficie specchiante
del disamore
alla mercè di tanto ingenuo
ammaliare
che si rinnova nel volteggio
delle pencole
quando sbuffi un nuovo pensiero
e di luce ti fai tanta da morirmi...
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