Scritto da © Untel - Mer, 27/06/2012 - 18:07
Aveva atteso l’epilogo inevitabile in cui
sarebbe uscito allo scoperto e ammettere tutto.
Era sconcertato al solo pensiero di
realizzare una confessione,
ma non aveva altra scelta e
dirigeva i suoi pensieri verso un curioso atto di eroismo.
Lei ascoltò la sua premessa, poi
continuando a non capire si versò del Courvoisier.
Quello dei momenti belli.
Si mise comoda
nella solita poltrona blu con i tubulari,
per accavallare le gambe tirò un po’ su la gonna.
Non era il caso di sedurre.
Era un po’ di destrezza per sgomberare la morte.
Con fare sereno lei
si lasciò attraversare dal sospetto
fingendo sulla punta del veleno.
Ascoltava.
E non solo:
era capace di dettare i tempi di una rivelazione nervosa
mentre sottovoce il cuore prendeva d’assedio il torace.
Ma lui, lui
tutto preso dal suo metodo,
non se ne accorse.
Edulcorava la miscela letale delle parole
con un sorriso
si sforzava di apparire naturale
e metteva alibi con sufficienza.
A quel punto e solo allora lei
per retorica pretese la verità più sfrontata
e non è perché ne avesse bisogno ma perché
si chiede l’umiliazione per riscatto.
Lui annuì, ma lei
Vuotò il bicchiere e battendo sul vetro con le unghie,
pretese il colore della voce
a cui, da uomo -quello che si sentiva per orgoglio,
non poteva sottrarsi.
“Sì, è vero, ma ti amo. Giuro”.
Allora lei si alzò dal divano
La gonna scese come un sipario sulle ginocchia
e non intendeva passare un minuto di più sulle conseguenze
quelle che avrebbero fatto di un riflesso
la più vile similitudine.
Lei era forte perché
il dubbio non avrebbe più macerato come canapa nell’acqua.
Aveva di proposito infilato il dito nella dignità.
“O resto con te e non ti perdono più
o ti perdono ma vado via.
Scegli.”
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