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Cronaca di un viaggio - parte quarta

Si viaggiava verso casa di Xiomara e iniziavo a vedere quel mondo notturno.
Il presepe attorno a Caracas, le mille luci della collina, ma non c’erano pastori ma gli emarginati del Venezuela ed erano tanti, ma tanti.
Luci a perdere ovunque nelle colline.
Zio Carmine e Mario a spiegarmi che quelli erano Ranchos , il termine è simpatico ricorda un film western, la realtà però è che non è consigliabile affatto anche solo fermarsi vicino a quelle casette basse, a volte di lamiera, no non si vive bene in quei posti e quando vivi nella spazzatura ti abbrutisci.
Poi zio ha iniziato a tessere le lodi di Silvio Berlusconi ed è forse il caso che evito di dire quello che penso di Silvio e delle cose “buone” che ha fatto.
Il traffico è sempre il traffico, per un attimo mi chiedo se adottino la guida a sinistra come in Inghilterra poi capisco che non sono sul grande raccordo anulare ma poco ci manca.
Accidenti Stalin senza baffi.
Si è Stalin, ma non era morto? Ovunque le immagini di un Chavez sorridente che parla al popolo, i dittatori tendono al sorriso sempre, ora non dite che sto usando della sottile ironia, non sono il tipo.
Che Chavez governi il Venezuela ti viene subito agli occhi, così come non puoi non notare ovunque l’esercito e non la polizia, si vede che il ministro La Russa è venuto prima in vacanza da queste parti.

Naturalmente tutto questo non comporta affatto una diminuzione della criminalità anzi.
Si corre a casa di Xio, così scopro una prima cosa del Venezuela, guardie private ovunque, nei condomini, nei quartieri con le sbarre, insomma non è come nel mio condominio che se chiedi di aprire il portone non ti chiedono nemmeno chi sei, aprono e basta.
Addirittura in alcune case, sui muretti c’è il filo spinato e l’alta tensione, uhm mi sa che qui non uscirò mai a fare due passi.
Bellissima la casa di Xiomara, belle le sue figlie che le somigliano e simpatico il genero.
Imparo cosa è la reppa, una focaccina che si riempie di ogni cosa del posto, sapori nuovi, ma io amo i sapori nuovi, anche se poi antropologia culturale non lo mica dato all’università, visto che non mi sono più laureato, dicevo almeno ho comunque imparato a rispettare le altre culture.
Con la reppa scatenerò il giorno dopo un conflitto violento, ma questo lo racconto alla prossima puntata.
Sarà Xiomara ad occuparsi di recuperarmi i bagagli, una donna dalle mille risorse mio cugino è fortunato ad averla al fianco.
Si riparte per Tucacas, sonnecchio in macchina mentre zio e Mario parlano di mille cose, domani chiamo Vittorio Fioravanti così incontro il grande scrittore amico mio, questo penso in macchina, ma debbo anche risolvere il problema dei bagagli, cavoli mi debbo cambiare, ma il formaggio e il salame che ho nelle valige si rovinerà?
Così scopro che Caracas e Tucacas non sono proprio una vicino all’altra.
Solo dopo alcune ore arriviamo nell’appartamento di Mario in un grosso residence con mega piscina a più piani.
Fa caldo in Venezuela, ma negli appartamenti e in macchina l’aria condizionata è messa molto alta e lo sbalzo è forte.
Mi addormento pensando ai bagagli, al nuovo paese, alla roba da mangiare nelle valige, al cambio di biancheria, al viaggio, al fuso orario e al fatto che metto due coperte perché altrimenti ho freddo.
Domani, domani…non so ancora cosa mi accadrà con la reppa. Mentre mi immagino al circolo italiano di Caracas come se fosse un teatro a parlare con Vittorio di poesia e dell’Italia.
Scoprirò presto quanto sia famoso il nostro amico Vittorio in Venezuela.

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