Scritto da © ferdigiordano - Mar, 31/07/2012 - 14:06
Raccontiamo oggi della verbosità dei primi tempi
di quei lontani giorni di fiamme e di
acque che vennero per terra.
In genere, la terra non arde se non
dai follicoli sul petto. Messi ad uno ad uno
come un rosario sui suoi organi interni.
Esposti al cerume del cielo, nei padiglioni
non passa un filo di vento.
Poi la materia inscena il sangue del ferro
e da una vena, un condotto espresso, porta
il nucleo infernale fino alla pelle.
Lì, tutte le ostie epidermiche esplodono
sulla bocca dei crateri. Uomini, case e pianti
sono un unico lemma, il verbo in fuga
ode e lamento: salva, o onnipotente dal corpo segreto,
salva la storia di tutta la cenere che diverremo.
(continua)
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