Scritto da © Franco Pucci - Dom, 18/12/2011 - 08:40
Accartocciato pierrot
ammasso informe,
disarticolato burattino
gettato con noncuranza
sui gradini di marmo
del centro commerciale.
Icona dell’ingordo potere
che globalizza la vita
a malapena coperta
da un lurido giaccone
raccattato in qualche
cassonetto periferico.
Cerea, gli occhi acquosi
rivolti a un passato
ucciso e poi reinventato,
indifferenti al futuro
che non vuoi incontrare,
vomiti la tua solitudine,
la tua non essere vita
tra i cartoni accumulati,
tua unica coltre, giaciglio.
Solo una vampa rossa
fiammeggia nell’informe
plumbeo della scena,
l’incredibile dei tuoi capelli.
I nigeriani del quartiere
ti chiamavano Contessa
e per te che mendicavi
tra i passanti la dose
giornaliera di veleno,
era quasi intimo riscatto.
Ti rividi fulva Contessa
sugli scalini della clinica
che ciclicamente salivo
ripulita, rivestita, ma…
inevitabilmente incrociai
lo stesso liquido sguardo,
persa sul falso marmo
del nuovo potere cinese,
la mano tesa, come artiglio
di una annunciata morte.
Un ricordo rosso sangue,
di un mondo vomitato
al soldo dei nuovi mausolei
di città aliene, indifferenti
al colore del cielo che urla.
[se il cuore è sordo alla vista
e gli occhi negano il respiro
l’anima si cela negli anfratti
il dolore strazia e nasconde
rifugge la verità, regala oblio]
Padova, Quartiere Stanga, Natale 2005
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