Andavo spesso con Constance
nel giardino delle ombre
e le tenevo le mani
mentre piangeva.
Mi parlava dei suoi figli
e del marchese di Quensberry
e io ascoltavo mentre una gazza
luttuosa e scontrosa
beccava briciole dalla terra.
Nel laghetto anatre
nuotavano come fantasmi
nelle nebbie di un tempo
sospeso sulla dorsale
del conformismo,
ma di estetismo non si parlava
no, Constance non voleva.
Eppure suo marito era un genio
dal fascino magnetico
e io contavo le righe del suo palmo
perchè Constance
aveva paura del dolore.
E c'erano ombre
che a volte sbiciavano
le nostre parole
forse persino quella di Dorian
o di Lady Windermere.
Mi parlava della condizione femminile
ma io ero incantato dai suoi occhi
e da quel viso delicato
che sembrava di porcellana
così ci amammo
senza che Oscar avesse nulla
da eccepire
perso nei suoi romanzi
e dalla sue ombre
nel nostro giardino.
Ma io amavo Costance
e le portavo le bozze al giornale
mentre Wilde
navigava altri mari.
- Blog di giuseppe diodati
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