Scritto da © ComPensAzione - Mar, 20/08/2013 - 12:59
Ah, se lo ricordo bene quel giorno, l'ansia, quello strano malessere nello stomaco mentre mi sistemavo la cravatta, e i miei amici, chi a rassicurarmi - Si dice che per sapere come invecchierà tua moglie devi guardare la madre, e tua suocera è proprio un gran pezzo di gnocca - chi a dissuadermi - Sei ancora in tempo, scappa, chi te lo fa fare, ti rendi conto a quante cose dovrai rinunciare ? - e io lì, nel mezzo, con i dubbi che mi assalivano : sto prendendo un impegno per tutta la vita...quel per tutta la vita mi angosciava, devo essere sincero, fino a che morte non vi separi, accidenti, più che una promessa sembrava una minaccia. Poi, in chiesa, quando lei percorse il corridorio al braccio del padre, ogni dubbio svanì come per incanto : era bellissima, sembrava illuminata da una luce propria, sì, stavo facendo la cosa giusta. Continuavo a girarmi a guardarla, durante la cerimonia, era un sogno, uno splendore, e sarebbe stata la mia compagna, e quel fino a che morte non vi separi non mi sembrò più una catena. Ci fu lo scambio delle promesse, quando lei lo propose mi sembrò molto un'americanata, non ci pensai molto, e quando fu il mio turno le dissi semplicemente, guardandola fisso negli occhi : - Prometto che coltiverò il tuo sorriso. - e dai suoi occhi lucidi capii che le era piaciuta. Non mi ricordo quali fossero le sue, più che ascoltarne il senso ero estasiato a guardarla, ma dall'applauso che ne seguì penso fossero promesse eccezionali. Il seguito della giornata fu un tour de force che non desidero ricordare, ma quella sera fu magica, davvero, e quando mi addormentai lo feci con il desiderio che ogni notte potesse essere come quella notte. Sono passati poi sette anni... le rassicurazioni degli amici non funzionarono perché lei, purtroppo, assomigliava al padre, e nel giro di poco tempo mise su chili su chili, quasi che, una volta sposata, non dovesse più trattenersi perché aveva raggiunto il suo obiettivo. Lei diceva che era lo stress, la tensione per il lavoro, i figli che non arrivavano : io, a coltivare il suo sorriso, ci misi sempre tutto l'impegno possibile, ma sembrava quasi che lei fraintendesse il mio intento credendo che la prendessi in giro. Non so se cambiò solo lei o anche io, ma ad un tratto mi accorsi che la persona che mi era accanto era un'estranea, non era quella che davanti all'altare mi aveva lasciato a bocca aperta, non era quella della promessa. Sarà che il settimo è l'anno della crisi, si dice, decidemmo di lasciarci, in verità lei disse - Prendiamoci un periodo di pausa.- Solo che non definendo la lunghezza del periodo per me era già sintomo di un non ritorno. A dirla così sembrava qualcosa di semplice, un sospiro di sollievo, ero nuovamente libero di gestire la mia vita. Ma invece quel fino a che morte non vi separi continuava a vorticare come una serpe nel cervello. Forse era perché la decisione l'aveva presa lei e non io, e nonostante la mia insofferenza tutti quegli anni insieme avevano dato una dipendenza che non credevo possibile. Ogni tanto la reincontravo per caso: aveva perso i chili in eccesso ed era tornata ad essere la bellezza di un tempo, e questo mi dava fastidio, quasi che fosse stata la mia presenza ad averla 'rovinata' . Quando mi accennò un giorno che dovevamo pensare a 'sistemare' la situazione, nel senso di inoltrare la pratica di separazione e divorzio, ecco, non so, prese sopravvento la rabbia - Avevi detto un periodo di pausa.- le ricordai. Lei rise, sì, non sorrise, rise proprio di gusto, e continuava a ridere, la sua risata mi sembrava interminabile. - E le promesse? - continuai io, e lei a ridere ancora più forte, sembrava che, assieme alla sua risata, si cancellassero piano piano tutti i bei ricordi condivisi, e non potevo permetterlo, no, non potevo proprio...e allora soffocai la sua risata... fino che morte non ci separi...
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