Scritto da © ComPensAzione - Ven, 25/01/2013 - 22:32
L'acqua quasi bollente le scivolava addosso portando via tutta la stanchezza
della giornata: la immaginava scorrere con il suo fardello di pesi quotidiani
dentro le buie tubature dello scarico, ad amalgamarsi alle acque
delle docce di chissà quante altre persone, un accumulo di pensieri, fatiche,
irritazioni, fastidi che si scontrano l'un l'altro nell'oscurità. E in quello
scorrere d'acque sotterranee aggiungeva l'idea dei ratti che con il contatto
assorbivano le stanchezze e le inquietudini umane diventando animali cattivi ed
infelici : d'altra parte a vivere nel buio che altro si può diventare?
Continuava, nella sua immaginazione, ad umanizzare gli animali fino a
trasformarli in una popolazione lillipuziana che si trascinava a quattro zampe
lungo le tubature, in una vita fatta di stenti, di odori intensi, di luce
appena appena soffusa che arrivava dalle grate dei tombini. Costruiva i loro
pensieri : chissà cosa poteva essere per loro il suono dei pneumatici
sull'asfalto, il ticchettio dei tacchi, le sirene, chissà quale linguaggio
usavano , e se tra loro qualcuno era insignito come studioso del cicaleccio
che si sentiva dal piano superiore. Li vedeva come esploratori nel nostro
mondo, ad infilarsi in buchi ed anfratti ... occhieggiò titubante il foro dello
scarico quasi con il timore che la fantasia potesse realizzarsi ... due colpi
alla porta la fecero trasalire :- Ahò, l'hai finita sta' doccia ? -
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