Scritto da © Manuela Verbasi - Lun, 17/01/2011 - 14:02
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Se fossimo l'uno lo specchio dell'altra, tu saresti il fiume ed io la solitudine che avrei voluto raccontarti. Tuoi i ricci incauti sul profilo sinistro, i miei al confine su polsi stretti, inclinati cercano le tue estremità, le trovano, alfine, nel tempo risorto in un pezzo infinito d'alba.
C'è sempre un motivo di silenziosità greve, una scusa per toccarti, che lontana non resisto ancora molto. Sarà quel giallo che scema piano verso tutto o la morbidezza che dai ad ogni cosa che tocchi di me. Lo scandire poi il niente tra labbra di coscienza, d'un riflettersi movimento come striscia su un quaderno. E' l'alba e trabocca, lo vedo dal chiarore soffuso, è l'alba e ti copro le spalle che hai freddo.
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