Cicli | Recensioni | Antonella Iurilli Duhamel | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

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Cicli

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"Una donna sana è molto simile al lupo: robusta, consistente, dotata di forza vitale, apportatrice di vita, territoriale, inventiva, leale. La separazione dalla Natura provoca in lei un assottigliamento della sua personalità e le conferisce un’aria spettrale. Noi donne, non siamo venute in questo mondo per essere mezze vive, incapaci di slanci, di dare la caccia, di far nascere la vita, di creare... Quando la vita delle donne diventa statica è giunto il momento di lasciare emergere la donna selvaggia: è il momento che le funzioni creative della Psiche inondino il delta…Il che vuol dire: tracciare il territorio, trovare il proprio branco, cominciare ad esistere nel proprio corpo con sicurezza ed orgoglio a prescindere dalle sue qualità e dai suoi limiti, di parlare e di agire in nome proprio, di essere sobria e cosciente, di stare in allerta, di attingere agli innati poteri femminili di intuizione e sensibilità, di aderire ai propri cicli, per trovare ciò che ci appartiene e con dignità erigersi i verso i massimi livelli di coscienza. “

 

 

 

Con queste parole la dottoressa Clarissa Pinkola Estes, una psicoanalista junghiana, apre il suo libro oramai divenuto storico negli studi della coscienza del femminile: /Donne che corrono con i lupi. Alla luce di diciannove antichi miti, leggende e fiabe mette in evidenza la deprivazione inflitta ai valori del femminile da secoli di una cultura improntata sulla guerra dell’uomo nei confronti di tutto ciò che lo circonda.

 

Si tratta di diciannove racconti che ci ricollegano al mito della Donna selvaggia; un mito profondamente nascosto in qualche parte di noi. In ogni donna alberga un essere “naturale” e selvaggio, una forza potentissima, formata da istinti, creatività passionale e sapere ancestrale. Il suo nome è: Donna Selvaggia. Purtroppo questo nome identifica una specie gravemente minacciata di estinzione ; benché la sua presenza sia innata, secoli di cultura e civiltà sessuofobica l’hanno soffocata, domata, talvolta annullata, repressa, usata, strumentalizzata, incanalata in sterili stereotipi.

 

La donna selvaggia è eliminata costantemente dall’implicita ingiunzione di essere perfetta a qualunque costo, il che oltre ad essere ridicolo, irreale, è sicuramente noioso; la perfezione richiede una posizione di stallo che non prevede cambiamenti; vivere secondo questi dictat può avere risultati disastrosi sulla salute mentale delle donne in particolare e dell’umanità in generale.

 

Il nostro Ego interferisce continuamente con la nostra natura istintiva: Una splendida persona entra nella nostra vita e noi ci scordiamo di noi vivendo esclusivamente in sua funzione,a volte facciamo un lavoro che non ci piace solo per amore dei soldi, oppure siamo portate a pensare che se faremo quella data cosa, la vita di qualcun altro diventerà di certo migliore; questo solo per citare delle tipiche situazioni fuori- confine con le quali tanta gente si trova a dover combattere quotidianamente. Quando si viene a perdere il contatto con la propria parte istintiva si finisce con il vivere al di fuori dei propri cicli-confine, piuttosto che al loro interno.

 

I cicli sono rappresentati da nascita, luce, energia, esaurimento, declino e morte ai quali seguono: incubazione e quindi la nascita di un nuovo ciclo vitale.

Tutto quanto è vivo è soggetto ai medesimi cicli , siano essi: I nostri figli,il nostro lavoro, il nostro corpo, le emozioni o la Natura.Quando una donna è in contatto con quella sensibilità mistica e pratica chiamata natura istintiva, allora sa quando è il momento di lasciare vivere o è giunta l’ora che le cose e intorno a lei muoiano.

 

Con questo tipo autocoscienza tipicamente femminile possiamo riscoprire la nostra essenza più profonda, il nostro istinto primordiale e vecchie idee vengono sostituite da innovazione in una sintesi creativa che va dal nostro mondo razionale a quello dell’immaginario e viceversa.

 

testo e opera di Antonella Iurilli Duhamel

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