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la stanza perduta

22/06/1996 Soliera apuana
Quel sabato mattina non mi svegliai tanto tardi. Anna era appena tornata dalla panetteria poco distante e la cucina profumava di pane e brioches appena sfornate. Gli animali di casa reclamavano da mangiare, così detti la solita spolverata di mangime ai pesci rossi che stavano urlando dalla fame ( fra l'altro avevano prolificato da poco), preparai poi le due ciotole per i gatti Coco e Chiodino, ed infine le due palline di granaglie inumidite per il merlo volone battezzato onomatopeicamente Scacazza, che dalla credenza teneva d’occhio chiunque entrava. Si avete ragione avevo un piccolo zoo, ma questo era il piccolo scotto che dovevo pagare perchè avevo sposato una accanita animalista.
"Vai al convento questa mattina ?"
"Ma si... faccio una passeggiata" dissi.
"Quando torni potresti passare dalla Bea... ci vorrebbe della noce moscata" Bea era la contrazione di Beatrice.
"Certamente..."
Uscii di casa ed era una bella giornata, così mi incamminai verso il convento. La strada che presi portava fuori dal paese per salire su verso la collina. Proprio sopra il colle c'era quello che sembrava un modesto convento dei frati francescani, che includeva l'istituto scolastico agrario chiuso per la pausa estiva. La struttura era anonima a parte il piccolo colonnato davanti alla chiesa che era utile solo a dargli un tono kitsch classicizzante. Entrai un po' circospetto perché non avevo incontrato nessuno sino a quel momento. C'era un grande corridoio con ampie finestre che collegava la chiesa con l'istituto scolastico, quando ad un certo punto in fondo vidi la figura inconfondibile di un frate.
"È permesso ?" Dissi a voce alta.
"Be si insomma... Mi dica cosa desidera ?" Rispose con pacata gentilezza.
"Guardi... L'altra sera, qualcuno mi ha detto che in questo convento c’è una biblioteca, così... come dire...  siccome sono un amante della lettura mi chiedevo se era possibile noleggiare qualche libro"
Il frate si avvicinò lentamente, era un uomo molto anziano curvo sulla schiena. Aveva  gli occhi ingrigiti dal tempo nascosti sotto folte ciglia poco curate. Dopo avermi inquadrato mi disse
" Mi dispiace la biblioteca non è aperta al pubblico... Buona giornata"
Tentò così di velocemente di scaricarmi e si girò riprendendo il suo cammino.
"Mi scusi sa... Allora volevo sapere se era possibile visitarla sa a me piacciono molto anche i libri"
Il frate sembròoripensarci e si fermò, riflettè un attimo e abbassando gli occhi rimase immobile. Per chi ama la lettura i libri diventano più che uno strumento di lettura. Ad un certo punto avviene quella trasformazione che da interesse diventa fascino irrefrenabile. I libri così trasmutano come bozze di disegno che la nostra fantasia riempie poi di colori e di suoni, in un caleidoscopica esplosione di armonie di sogni che allietano la mente e la nostra esistenza.Lui però alzó la testa in quel momento, per inquadrami meglio e mi sorrise per qualche secondo, forse aveva notato un barlume della mia passione.
"Mi segua" disse senza aggiungere altro, ed ebbi la sensazione così che anche lui conosceva quel fuoco.
Il francescano apri una porta finestra laterale al corridoio  ed entrammo in un piccolo andito dove c'erano le scale che portavano ai piani superiori. Le scale erano in marmo a sbalzo con un bel corrimano in ferro battuto; c'erano anche delle alte finestre che davano sulla strada.
"Lei è il bibliotecaro ?"
Chiesi tanto per fare due chiacchiere.
"Diciamo di si ..." Mi disse
"Diciamo però che questa biblioteca è un po' come fosse una mia figlia.." Disse salendo faticosamente le scale
"... i primi libri provenivano da una antica biblioteca di Fivizzano. Nel 1944 i tedeschi stavano ritirando le truppe dall’italia, mentre gli inglesii bombardarono tutta la zona. Distrussero parte del paese e  purtroppo anche l’antica biblioteca che era in uno storico palazzo del 1600. I pochi libri salvati rischiarono di finire al macero. Nessuno era in grado più di gestirli così la curia mi chiese di raccoglierli e di catalogarli..."
Raggiungemmo così il terzo piano dove le scale finivano. Davanti a noi una nuova porta finestra questa volta con insolite inferiate piuttosto spesse. Il frate prese di nuovo il grosso mazzo di chiavi e aprí la serratura e l'affascinante racconto continuó.
"Li prendevamo ( i libri ) da sotto le macerie e dopo una veloce ripulitura riempivamo delle sporte e con piccoli carri li portammo quì a Soliera per rimetterli in sesto." nel frattempo in quel preciso momento ci addentrammo in un lungo e buio corridoio con il religioso che era mezzo metro avanti a me e che continuava a narrare la sua storia.
"Li presi uno ad uno e li registrai facendo un lungo archivio. Inizialmente dovevano essere restituiti alla biblioteca, ma poi rimasero nel convento perchè erano molto scarse le risorse economiche del comune"
Eravamo arrivati alla fine del corridoio in un punto debolmente illuminato da un lucernario. Ormai abituato alla oscurità vidi che lungo tutto il corridoio c'erano diverse porte sia a destra che a sinistra. Il frate armeggió un poco su una serratura e apri l'ultima porta sulla sinistra. Poi allungò la mano cercando l'interruttore della luce.
"Così questa è un po' la sua biblioteca"
Continuai non sapendo cosa dire e non sapendo cosa avrei trovato mentre la luce al neon illuminò l'interno.
 
La Stanza
La stanza, svelata, era molto ampia ottagonale con uno scrittoio centrale. Le librerie si alzavano imponenti su tutti e otto i lati  creando un fitto muro. Insomma, alla fin fine non era così male anche se ero un poco deluso da quell’unica stanza. Notai però che i libri erano strani, troppo piccoli e fini. Così mi avvicinai agli scaffali e riconobbi che non erano libri ma riviste, giornali e tanti opuscoli. In gran parte erano del periodo 1940 1950 con argomenti a dir poco variegati.  Ma quello che indubbiamente era un iniziale stupore piano piano divenne delusione, forse anche un po’ patetica, ripensando alla fatica perduta che aveva fatto quell’uomo nel portare questa montagna, per me, di inutile carta. Guardai il vecchio, che sembrava ritrovare se stesso in quel luogo e notai che rimase fermo in prossimità della porta… Mi spostai di lato e guardai qualche faldone di vecchi fotoromanzi degli anni 50. Sogno, Bolero, Grand Hotel l’apoteosi della finzione narrativa dove poteva raccontare storie, allegerendo le persone dalla fatica di leggere. Riflettevo però che le riviste, anche se non sono fotoromanzi, non sono comunque come i libri e ben poco hanno a che fare; nella rivista c'è il concentrato, l'essenza, la descrizione sommaria, la superficie. Nei libri invece ci sono invece: la profondità di pensiero, il dettaglio, l’analisi, lo sviluppo. Se dalla rivista otteniamo l'ausilio, l'alternativa, l'intenzione; solo nel libro troviamo la completezza, la complessità, la concretezza.
"Veramente affascinante.” dissi fingendo “ tutte queste riviste provengono da quella antica biblioteca ?"
"Ovviamente no, quando abbiamo trovata questa nuova sede, la gente del posto ha contribuito molto generosamente"
"Peccato peró i libri sono andati perduti"
"Be si, fu un vero disastro la maggioranza dei libri andò distrutto."
La maggioranza ? Qui in questa stanza ci saranno diecimila riviste e sicuramente ci sono meno libri di quelli che possiedo io. Pensavo fra me e me un po' sconsolato.
Nello scrittoio centrale c'era una piccola console in legno intagliato. In alcuni scomparti c'erano delle piccole schede e così ne presi una, per la mia inveterata curiosità. Era un biglietto con un piccolo casellario per la registrazione dei libri che evidentemente doveva essere compilata dal bibliotecario.
"Dopo aver riorganizzato e catalogato la biblioteca ho cercato di gestirla, ed è stata la parte più complicata" così dopo un attimo di attesa disse , inaspettatamente.
"Va bene, continuiamo..."
Continuiamo dove ? Mi chiesi trasalendo, ma non feci in tempo a rispondere, perchè il frate si spostó sulla mia sinistra, dove la grande libreria si interrompeva in quello che ritenevo essere un andito scuro. Si accesero le luci e quello che sembrava una rientranza era invece la seconda stanza di una serie di sette stanze. I libri così presero vita e diventarono uno tsunami. Le stanze erano collegate da questo corridoio centrale e l'effetto prospettico era impressionante.
"Ecco i libri... avanzati" dissi con un po' di imbarazzo...
"Be si insomma... Ovviamente dopo la guerra la biblioteca si sviluppò ulteriormente. Prese vita ed è stata ,come dire, un riferimento per le persone del luogo"
"Quanti sono?" Chiesi con imbarazzo .
"Catalogati ? circa 40000"
Le librerie erano in legno chiaro la doppia linea di luci creavano un ambiente surreale. Le stanze erano infatti senza ombre, come per permetterti di consultare un libro in qualsiasi punto della biblioteca ti trovassi. Così mi addentrai...
"In questa biblioteca sono interessanti le edizioni dei libri..." Disse sottovoce.
La Biblioteca
Entrai nella prima stanza delle scienze filosofiche e così fu come una tempesta, una sequenza interminabile di autori in gran parte a me sconosciuti. Libri contenenti antichissimi trattati di filosofia greca come “Sugli dei” di Antipatro di Tarso, Carneade ( si proprio quello citato dal Manzoni ), e il suo prolifico discepolo Clitomaco e poi ancora la “Storia del Peripato” di Critolao, e poi ancora il dossografo Aezio ed anche Menedemo di Eretria padre della eristica ed evidentemente la lontana musa di Shopenahuer. Le satire di Manippo di Gadara perche anche ai greci l’ironia davvero non mancava.
Mi fermai così un attimo e avvicinandomi nel tavolino centrale presi un paio di biglietti di carta.
“Posso ?” chiesi
“Prego… prego”
E così incominciai a scrivere l’elenco di tutti gli autori che venivano fuori spontaneamente dalla libreria, per essere sicuro di non scordamerli.
Passai così alle scienze filosofiche più moderne e i vidi subito i classici “Tractatus theologico-politicus” di Spinoza, e il“Dizionario filosofico” di Voltaire. Pensandoci bene, tutto sommato, anche se anticlericali più o meno me li aspettavo, rimasi invece un po’ perplesso per i vari razionalisti come “Fenomenologia dello Spirito” di Hegel, le “Lezioni sulla missione del dotto” di Fichte,
 
“Voi giovani siete a vostra volta destinati a operare potentemente sull'umanità, a diffondere un giorno in una cerchia più o meno larga, sia con l'insegnamento che con l'azione, sia in entrambi i modi, la cultura che voi stessi avete ricevuta e così a innalzare beneficamente, per ogni dove, i nostri comuni fratelli a un grado più elevato di cultura; e io ora, operando per la vostra formazione spirituale, contribuisco probabilmente all'educazione di milioni di uomini ancora non nati...” ( cit  Fichte “Lezioni sulla missione del dotto” )
 
le “Ricerche filosofiche sull'essenza della libertà umana” di  Shelling poi  l’“Aut-Aut” di Kierkegaard che era sempre sull’esistenza umana o forse meglio sulla comparazione con la non esistenza (?), o il censurato “La religione nei limiti della semplice ragione”  di Kant che sembrava fare di tutto peri trovare invano un posto a Dio nella logica dell’uomo. Trovavano ampio spazio gli altrettanto atei Hume, Feurerback e Nietzsche. Per tutto quell’insieme di concentrata gnosi cartacea mi brillavano gli occhi dallo stupore.
."Scusi sa... non vedo Topolino.." dissi cercando di sdrammatizzare.
"Quello l'abbiamo in cella... Qui teniamo solo i libri che non leggiamo..." Rispose veloce il frate che era molto più avanti di me.
Nella seconda stanza tutte le opere letterarie dei classici stil novisti. Ma poi via in sequenza quell’onda anomala e per me stucchevole prosopopea dell’amore romantico nell’“Amorum libri” narrato dal Boiardo, l’opera teatrale “Orfeo” di Poliziano, la pastorale “Arcadia” del napoletano Sannazaro e la sua perduta arte del prosimetro. Le rarissime“Giustiniane” del veneto Giusinian e poi Tito Livio ma anche la “Nencia di Barberino” e la sua satira da villano del Lorenzo il Magnifico o i più moderni e mastodontici “i Vicerè” di Federico De Roberto, uno spaccato del risorgimento meridionale di rara bellezza.
I libri sono come le macchine del tempo e dello spazio quando leggi un libro e come se le pagine transubstantiassero in porte o finestre dove dietro si celano gli autori od anche i loro luoghi narrati.
Così magicamente era come se il silenzio, anch’esso, si trasformasse in rumore di folla e tutti  parlassero all’unisono in una girandola infinita fatta di predicati, di primare seguite da secondarie, di congiunzioni, testimoni di grande rigore, ma anche dell’estrema suadente leggerezza. Li c’era quello che bastava, per la vita di u nuomo, nulla si poteva togliere e nulla vi si poteva aggiungere. Aveva poi ragione il frate a dire che le edizioni erano importanti, quasi tutti i libri erano di ottima rilegatura fatta a mano e di inizio secolo scorso. La grana delle pagine, il font, la dimensione dei caratteri e l'interspazio, quasi tutti i libri erano anche di rara bellezza editoriale. C’era così una sorta di relazione fra il contenuto e il contenete che rendeva davvero  poetico il posto. Passai così il tempo sfiorando con le dita fra le rinforzate coste esterne della rilegatura in pelle e ogni tanto, sempre dopo aver chiesto il permesso, ( proprio come i bambini ) sfilavo il libro e ne aprivo le pagine cercando quella porta che sempre sognavo.
Poi terminati gli attimi sognanti, le sezioni di letteratura straniera con i francesi e  “Le lettere persiane “ a mio parere il vero classico di Montesqieu e il  “Discorso sull'origine e i fondamenti della diseguaglianza tra gli uomini “ del tuttologo Russeau ma anche il padre del romanticismo francese ne “l’uomo che ride” Hugo con le prime testimonianze delle contraddizioni sociali, e Balzac e poi Dumas. Girando nella parete a fianco sempre alla stessa altezza il riformatore Tyndale e la sua bibbia con il ripristinato nome divino e ovviamente il santificato e forse il primo e unico laico della categoria Thomas More e la sua indissolubile opera “Utopia”.
 
Hovvi descritto quanto più veracemente mi è stato possibile la forma di quella
republica, la quale non solamente giudico ottima, ma eziandio sola la quale possi con ragioneesser chiamata republica. Perché altruove si ragiona veramente del publico commodo, ma si attende al particolare. In questa da dovero si mira al ben publico, lasciando al tutto da parte ogni propio utile. Chi è ne le altre republiche, ancor che siano fiorite e prospere, il quale non si tema di morirsi per fame se non procura più tosto a' suoi privati commodi che al publico bene? ( Cit Utopia Tommaso Moro )
 
Entrai nella stanza Religione e affrontai il muro del protocristianesimo nella sua forma più importante. I vari Clemente Alessandrino e Origene  si suddividevano lo spazio del pianale con l’apologeta e vescovo Teodoreto di Cirro e poi testi vari come “Di Dio e dell'essenza divina” di Onata di Crotone che dimostravano la vivacità spirituale dell’epoca e poi Firmico Materno e Giovanni Crisostomo continuavano il tema della difesa delle verita sul Cristo contro il paganesimo. Poi ancora mi abbandonai nella stanza delle scienze e intravidi il cosmogonico Eratostene  che anticipava i classici Galileo e Newton più di Platone che pur credeva ad una realtà fatta di numeri. Tutti questi sembravano sovrastare, sebbene più moderni, sugli altrattanto giganti geniali come Johann Wittgenstein e il suo “Tractatus” e Kurt Godel e la sua “Prova Ontologica” perchè anche nella stanza delle scienze sempre e comunque si deve parlare di Dio. Ma poi lo spazio si apriva donando ai visitatori i testi del matematico Leopold Kronecker e il più vicino a noi Luitsen Brower che tentò di dimostrare l’inconsistenza del terzo escluso nel miracolo della logica umana. Nelle scienze naturali il botanico Teofrasto, l’astronomo Timeo di Locri e il più moderno etologo Lorenz e la rivelazione nell’“L’anello del re Salomone”, erano solo le ultime chicche che di tutta la biblioteca avevo potuto sfiorare.
Finimmo il giro ed eravamo in quell’'ultima stanza felicissimo della disponibiltà concessami. Il frate però era sempre li con la testa bassa che stava pensando. Alzo il capo un attimo e mi squadrò ancora qualche secondo. C’era uno strano silenzio che poi fu interrotto dal frate stesso
"ecco come dire… però ci sarebbe un ultima stanza"
Rimasi così un po' interdetto; non era questa l’ulitma stanza ? Tutto sommato era più che sufficiente quello che avevo visto. Stavo per declinare l'invito perché si era fatto tardi e istintivamente guardai l'orologio.
"Penso che la troverà interessante..."
Disse il frate avvicinandosi lentamente alla libreria laterale.
“Be non posso che accettare allora…” ma il frate sapeva già che avrei accettato e anticipandomi spostò così un libro dal pianale basso della libreria che aveva vicino e allungò la mano. Si sentì un inconfondibile click di serratura e tutta la libreria d'angolo si spostò svelandone il passaggio a me segreto. Non nego che in quel momento provai una certa inquietudine...
"Non tutti i libri sono uguali quelli che ha visto sono pregevoli edizioni ma l'antica biblioteca di Fivizzano aveva delle vere rarità di inestimabile valore. Per questo richiesero  il nostro intervento..."
"Mi scusi in che senso..."
"Insomma... Vista la vocazione alla povertà... Pensarono che fossimo le persone più idonee..." Si schermì un poco il francescano.
"che cosa c'era di così alto valore ?"
"Un piccolo tesoro...letterario"
Il frate si spostò di lato e mi svelò così la stanza segreta di quella biblioteca. Era senza finestre, la luce era fastidiosamente bluastra e fredda come se venisse da lampade germicide. C'era uno strano odore, che poi riconobbi fosse ozono, evidentemente c'era un ionizzatore attivo che diminuiva le cariche elettrostatiche della stanza. Si sentiva un leggero ronzio e notai delle luci nel soffitto, intuii ci dovesse essere un climatizzatore o quantomeno un deumidificatore. Tutto questo per rendere la stanza asettica e ad umidita e temperatura controllata. Per salvaguardare cosa ? Le scaffalature questa volta erano di metallo, e sui ripiani c'erano libri dalla strana forma evdentemente molto antichi. Su una scrivania centrale un microscopio tedesco e alcuni frammenti di pergamena e una serie di barattoli con sopra inconfondibili formule chimiche.
"Che cosa sarebbero questi...?"
"Sono incunaboli e sono gli ultimi rimasti della antica biblioteca"
"Incunaboli ??" Chiesi davvero esterrefatto perché non sapevo davvero cosa fossero.
"Si. sono come delle rarità editoriali che erano di proprietà del vescovo di Genova... Erano in una nelle stanze della curia di Fivizzano che non venne risparmiata dai bombardamenti. C'erano cinquecentine ma anche diversi quattrocentine di alto valore storico ed economico"
"Che dire..."
“Questo è un piccolo laboratorio di restauro che avevamo messo su proprio per rimettere in sesto i libri più importanti”
Ero senza parole avevo davanti a me sugli scaffali vere opere editoriali vecchi di centinaia d’anni con testi in gran parte a me sconosciuti. Li aprii, cercando sempre prima un accenno di consenso dal Frate, che annuiva sempre in silenzio, divertito della mia curiosità. Alcuni testi sembravano di classici latini. Uno evidentemente scritto nella lontana lingua intravisi fra i caratteri gotici il nome di Ovidio. Altri invece erano sicuramente dei cantici perchè c’era come l’abbozzo di un pentagramma. I libri erano coperti da un leggero velo di garza, ne alzai una parte scoprendo un imponente manoscritto con la copertina di spessa pelle animale piena di borchie in metallo. Al suo interno le pagine non erano stampate ma evidentemente scritte da un fine amanuense medioevale. Quello non era un incunabolo ma un rarissimo manoscritto del 1100 che proveniva dal monastero di Bobbio, quando era ancora attiva l'attività dei copisti.
"Quante mani avrà visto questo libro."
"Già..."
Rimanemmo ancora un po' quando basta per vedere i libri rimasti. il frate mi chiese di terminare la visita. Ci lasciammo la dove ci eravamo incontrati e io ringraziai ancora per l'opportunità della visita. Ricordo che gli dissi di averla trovata gradevolmente inaspettata. Solo che c’era qualcosa che non mi tornava. Non capivo perchè mi avesse fatto questa cortesia includendo pure la visita della stanza segreta. In fondo io non conoscevo il frate e il frate non conosceva me. Così rimasi un po’ perplesso quando lo salutai. Questa mia ulitma indecisione il frate evidentemente la percepì nonostante l’evidente debole vista.
“Perchè ?” dissi sottovoce prima di andarmene definitivamente
Il frate rispose “il cristo l’impone. Dice la scrittura: gratuitamente avevete ricevuto gratuitamente date” parafrasò così una citazione di Gesu tratta dal vangelo di Matteo 8:10. Non capii in quel momento il senso di quella frase ma mi licenziai dal frate contento per quella incredibile esperienza.
 
Il ritorno
Dopo qualche tempo tornai al convento, per tentare di ripeterla. Cercai il frate anziano ma mi dissero che non c’era più perchè l’avevano trasferito a Pescia in un convento molto lontano da dove eravamo noi in quel momento. Al suo posto incontrai invece un francescano novizio che fra l’altro non sapeva nemmeno dell’esistenza di una biblioteca. Così io gli chiesi se potevo raggiungere i piani superiori e dopo le mie sentite insistenze gentilmente mi accompagnò. Una volta arrivati il sospetto che avevo divenne però triste realtà. La biblioteca non c’era più e le sette stanze erano state svuotate completamente. Aprimmo gli scuri delle finestre laterali e la luce inclemente tagliò l’ombra della stanza svelando il vuoto che vi era dentro. Feci un accenno per dirgli che li, solo qualche tempo prima, c’era una bellissima biblioteca ma vi rinunciai.Le stanze sembravano davvero più grandi di quello che erano e i nostri passi echeggiavano all’interno mentre io cercavo delle piccole traccie di quello che era diventato un lontano passato.Salutai il frate novizio e ricordo che raggiunto il piazzale qualcuno della struttura mi disse che per un paio di giorni due grossi camion erano stati riempiti con i libri della biblioteca ma non ne sapeva la direzione.
Tornai a casa un po’ stordito da quel’inaspettato epilogo. Ripensai a tutto quello che era successo tempo prima e anche alle ultime parole del frate. Mi chiesi quindi cosa intendesse con il dono gratuito che avevo ottenuto ma che evidentemente avevo male interpretato visto che tutti quei libri non erano più disponibili. Magari non lo sapeva nemmeno lui che si trasferiva. Forse era venuto a mancare e non c’era nessuno che si poteva prendere cura dai libri. Tutti pensieri inutili, devo essere sincero ebbi ancora, il solito, accenno di sconforto. Mi sembrava di aver avuto un occasione e di non essere riuscito a coglierla. Tornando a casa però ci riflettei sopra è le cose, come spesso accade, diventano più semplici di quello che sono bastava pensarci sopra, ripensando ancora a quel giorno. Il frate in verità me lo aveva davvero fatto un dono. Ed era proprio li in quella piacevole memoria che nella mia mente si ricreava, quando nella mia immaginazione ritornavo indietro nel tempo passando e ripassando da una stanza all’altra e accarezzando quelle coste di libro. Quel dono era proprio in quella piccola emozione creata, che trasformata in ricordo ripeteva la sensazione di benessere avuta. Imparai così che la vita non è fatta di segreti svelati dai libri, che fra l’altro erano proprio quelli che agognavo, o di astruse alchimie per la ricerca della serenità.
La vita non è dei giorni epici vissuti, ma di semplici emozioni che si rinnovano nella mente e che dovevo imparare a vivere ed apprezzare. Un sorriso a chi è triste, ringraziare una signora che mi offre un frutto o anche aiutare il passo incerto di un bambino,  tanti semplici modi che ho avuto a disposizione , ad esempio, in questo giorno. Proprio in questo momento e proprio li, in quei semplici gesti che posso aprire, di nuovo, la porta di quell’ultima stanza,

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