Edizione Italiana, Parte nona
Rose, quella notte, ebbe un sogno pieno d’incubi, dove il Comandante Tedesco appariva come il moderno Attila e i suoi occhi, iniettati di sangue, orbitavano al di fuori delle proprie cavità. Lo udiva impartire quegli ordini omicidi che echeggiavano fuori dalla sua gola.
Rose, sudava copiosamente, mentre riviveva nel sogno quel lontano passato. Spaurita, si appallottolò su se stessa sotto le coperte, nella posizione fetale, sperando in tal modo che l’incubo si dissolvesse e la liberasse dalle ansie, sebbene quelle speranze presto divenissero vane.
Al risveglio, era ancora sotto l’influsso di quei sogni d’incubo, e incapace di controllare la sua ansietà. Era stremata dalla fatica. Gli stress erano tali che la rendevano succube, e non poteva reagire e combattere contro gli spettri del suo passato.
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“Assolutamente, devo rivedere Ludovic al più presto. Devo entrare nelle sue confidenze, ma senza lasciargli intravvedere i miei pensieri. Deve fidarsi di me in modo che abbia tempo di perpetrare la mia vendetta. Quando giungerà l’ora, saprà del suo destino ma allora, la sua vita sarà giunta sul percorso finale, e per lui non esisterà via di ritorno.
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“Oggi preparerò uno strudel per lui. So che quello è il suo dolce preferito, con molte noci, uvette, fichi secchi, e pignole. E` sempre stato un ghiottone, e con quel dolce sono sicura di rompere la sua diffidenza verso me.
“Poi, in seguito preparerò un altro piatto speciale, e quello sarà il suo ultimo pasto. Lasciami pensare… cosa potrebbe essere?
“A lui piacciono molto i funghi,…ma qui non so bene quali di essi siano velenosi. Fossi in Italia ne troverei a dozzine nei boschi poco lontani dal paese. Cosa altro posso pensare? Ricordo Angelo che preparava esche avvelenate per i gatti randagi… Forse nel garage vi sarà ancora di quel veleno…No, non posso rischiare con quello. Possono sempre fare un’autopsia dopo che è morto ed io ne sarei incolpata…
“Deve pur esistere qualcos’altro meno pericoloso… lasciami pensare… Se cadesse mentre fa la doccia, battendo la testa sopra lo scalino? No troppo banale… meglio se gettassi nel suo bagno il rasoio elettrico, sarebbe ucciso immediatamente dalla scossa elettrica, e in quel caso non avrebbero prove per incolparmi… un’altra possibilità pure… se cadesse dallo strapiombo sopra Bar Beach…ma in quel luogo vi sono sempre molti visitatori…
“E` sempre possibile trovare un modo semplice, che non m’incolpi per la sua morte… diciamo pure… accidentale… Lui sarebbe “Kaput” immediatamente. Io potrei allora ritornare alla mia pacifica vita di sempre!
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Quella domenica Rose andò a visitare Ludovic e con lei aveva lo strudel che aveva promesso. Dovette attendere alcuni minuti, prima che lui aprisse la porta, e notò la sua sorpresa nella visita inaspettata.
Rose, trovò Ludovic visibilmente pallido e febbricitante e notò che il suo corpo era scosso da tremori con il respiro difficoltoso.
Il suo istinto d’infermiera, le fece comprendere che Ludovic aveva bisogno d’immediate cure mediche, e dopo averlo fatto sedere comodamente e aver controllato la pressione del sangue, e il suo stato febbrile sospettò che soffrisse di polmonite, e chiamò un’ambulanza.
Rose aveva in quel modo salvato la vita di Ludovic, sapeva che quello era il suo primo dovere come infermiera. I suoi rancori erano sopiti momentaneamente. Sapeva che il suo dovere Cristiano e d’infermiera era di dare l’aiuto dovuto a un vecchio bisognoso. Tutto il resto, in quel momento aveva perso di valore. Gli affari personali potevano attendere.
Durante il tempo che Ludovic fu ricoverato in ospedale, lo visitò giornalmente. Gli diede il suo aiuto con dedizione fin tanto che le sue condizioni fisiche migliorarono. Così pure, dopo il suo rientro a casa, ogni giorno lo visitava ed essendo solo, aveva cura di controllare che la sua salute si ripristinasse, e allo stesso tempo cucinava per lui.
A casa, Rose si sentiva arrabbiata con se stessa. Non poteva darsi ragione del suo comportamento verso Ludovic. Tutto era così contradditorio e pensava ; “Quanto molto più facile sarebbe stato, se avessi lasciato alla sua malattia di prendere il corso dovuto. Sarebbe morto certamente, e ora non avrei bisogno di arrovellarmi il cervello per trovare il modo di vendicare mia madre e le altre donne. A volte, agisco da scema!”
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La notte appariva nuovamente insonne e Rose era scossa dai ricordi e i suoi pensieri vagarono a giorni lontani. Giorni di dolori ma, pure giorni di passione e amore.
“Perché mai è ritornato nella mia vita? Ho tenuto nel mio cuore per lunghi anni lo spasimo dei miei amori giovanili, per poi alla fine si calmarono e incominciai una nuova vita. L’avevo quasi dimenticato! Quello il motivo che venni in Australia nella speranza di quietare quei ricordi di lui e del nostro amore.
“Amore? Si, proprio amore. Ci amavamo in un modo fantastico. Ricordo il giorno che mi chiese di diventare sua moglie…
“Disse allora: ’Non vi è più nulla nella mia vita. Pochi mesi orsono mia moglie e mia figlia sono state uccise in un bombardamento aereo sopra Berlino. Nella mia vita ora esisti solamente tu, mia dolce Lucia. Sapesti quanto ti amo e quanto desideri di essere assieme per il resto dei nostri giorni. La guerra finirà presto e assieme cercheremo quell’angolo tranquillo nel mondo, dove potremo trascorrere con serenità, giorno dopo giorno di felicità.’
“Sapeva farmi felice, con le sue attenzioni. Assieme frequentavamo i migliori ristoranti del luogo, e molte notti dormivamo assieme in alberghi. Ma erano pure piacevoli le notti che passavamo assieme nel suo quartiere della caserma.
“I maldicenti in paese, sparlavano di me. M’indicavano col dito alzato e mi chiamavano ‘Puttana Tedesca’ e vidi pure molti graffiti lasciati sui muri del paese con tutte le più ignobili parole al mio riguardo. Sinceramente, me ne importava ben poco. Quando ero con lui mi sentivo protetta. Quello era quanto importava a me!
“La gente, come il solito, sapeva solamente parte dei fatti reali, ma lì lascivo dire e mi prendevo pure addosso gli sputi che mi lanciavano contro. Dopo tutto, non mi sentivo peggiore di molte altre donne, che oltre a un marito se la facevano pubblicamente assieme ad un amante. Quelle, a mio vedere, erano molto più puttane di quanto fossi io!
“La gente è sempre ignorante e, usa giudicare altri, solo per sentito dire. Nessuno conosceva l’altra metà di me, di quella giovane donna che troppo spesso rischiava la propria vita per portare messaggi importanti ai partigiani. Era nata un’intesa tra me e il Guercio. A un segnale prestabilito ci trovavamo.
“In quelle notti, dopo il coprifuoco, silenziosamente attraversavo il paese, camminando nel buio sotto i lunghi portici, fino a raggiungere il punto dove inizia il sentiero che da lì porta verso Prato Castello e La Piccotta.
“Tenevo gli occhi ben aperti, scrutando per il passaggio della ronda fascista, sulla strada che fiancheggiava il lungo portico. Se solo avessero notato il movimento di un’ombra nella notte, avrebbero sparato indiscriminatamente, senza un minimo preavviso. Tale rischio m’inebriava. Adrenalina pompava veloce nelle mie vene, ed io mi sentivo sicura. Sapevo che ce la avrei fatta ancora, in barba alla ronda nera dei fascisti.
In quelle occasioni mi vestivo con abiti scuri, per essere meno visibile nella notte, e camminavo, nascondendomi tra le colonne del porticato e attendevo il momento propizio per correre attraverso la strada, e poi sparire nel vicolo che portava alla foresta di larici sopra di Prato Castello. In quei giorni giovanili, la mia vista era migliore degli animali notturni e l’udito talmente sensibile da distinguere i fruscii più tenui. Quei sensi così acuti mi hanno salvato la vita ripetutamente in quelle notti piene di pericoli.
“Incontravo Il Guercio, al forte della Piccotta, che si trovava alla sommità di quell’alto colle che sovrasta Tolmezzo. Il forte era un vecchio bastione costruito nel XV secolo come difesa contro l’invasione Ottomana.
“Il Guercio ebbe buon uso delle informazioni che gli passavo, e il suo gruppo partigiano inflisse sempre, con successo, perdite ai convogli Tedeschi che passavano in quel distretto.
“Il Guercio era prode del mio lavoro e mi ripeteva volentieri; ‘Non temere Lucia. Di quanto la gente sta sparlando di te. Non possiamo rivelare l’importanza del tuo lavoro per noi, ma a guerra finita sarai proclamata un’eroina dal nostro comandante supremo. Ti dobbiamo molto. Sei una delle migliori informatrici che noi abbiamo.’
“Con il passare del tempo, Il Guercio, mi piacque sempre più, come uomo. In lui esisteva una forza magnetica e mi sentivo attratta dai suoi modi visionari, e in cuor mio attendevo sempre con ansia la prossima occasione di rivederlo. Alla fine, senza accorgermene, venni soggiogata dai suoi desideri di maschio. Al principio non ero proprio sicura che cosa volesse da me. Le sue erano parole un po’ vaghe, nelle quali però sentivo il suo desiderio di possedermi…
‘Tu sei bella e desiderabile, Lucia. Sei piena di vita ed in te risplende una luce…Lucia… ti desidero, meglio ancora ti voglio mia. Ho bisogno di te, credimi. Voglio fare all’amore con te. Voglio che tu sia nei miei sogni durante quelle notti che tu non sei qui con me, quando mi sento terribilmente solo…’
Presto caddi sotto il suo volere, mi sentivo ipnotizzata dal modo in cui mi guardava e, molto presto mi baciò pure. Quel bacio… si tutto fu colpa di quel bacio…Era ardente più del fuoco ed io mi sentii come fossi di gelatina, tenera e incapace a reagire al suo volere. “Persi completamente le capacità di ragionare… Da quel momento volli unicamente essere posseduta da lui. Lui conosceva tutti i meandri dell’amore e in quelle effusioni era capace di donarmi quei piaceri sessuali che io bramavo. Con lui imparai a conoscere i più deliziosi momenti che ogni amata sogna di ricevere… Era piacevole godere sopra quell’erba umida del prato, rischiarati dai raggi lunari.
“Nessun altro uomo fu passionale quanto lui. Assieme a lui provai i migliori momenti di completa passione sessuale. Dopo quella prima notte, lui era divenuto il mio magnete ed io orbitavo attorno al suo volere, che mi conducevano sempre più spesso a rischiare la mia vita, pur di ritornare da lui e non sempre per portargli quelle informazioni che abbisognavano al suo gruppo partigiano. Ora lo volevo avere anch’io. Lo volevo come amante, ed ero preparata a rischiare tutto, pur di averlo per la notte intera.
“Essere con lui, era divenuta per me, la cosa più imperativa della mia vita. Era una necessità come lo è l’ossigeno per respirare. L’essere assieme a lui valeva più di tutti i pericoli a cui andavo incontro spensieratamente, e a lui, se me lo avesse chiesto, avrei dato la vita…qualsiasi cosa pur di vederlo felice.
Di tutto quello, il Comandante Tedesco non seppe mai nulla, mai sospettò di me e di quei miei viaggi notturni per essere assieme al suo nemico. Tenni il segreto, con tutti. Nemmeno Marina, sapeva quando mi recavo dal Guercio. Era necessaria la più grande segretezza, per proteggere la sua e la mia vita.
“Sfortunatamente, al Comando Tedesco erano nati dubbi e pensavano che fossi io a passare ai partigiani quelle informazioni segrete. Pensarono che la fortuna sfacciata dei partigiani aveva durato troppo a lungo e, che ci fosse di mezzo l’aiuto di un informatore. Era evidente che le informazioni erano passate ai partigiani solamente da parte da chi ne era a conoscenza. Ed io, a mia insaputa, era divenuta la più sospettata dal Kapitan Franz, il Comandante delle SS.
“Passò i suoi sospetti ai suoi superiori e ordirono un piano segreto, per scoprire in quel modo la verità. Di questo non fu fatta parola al mio Comandante Tedesco. Lo informarono unicamente di arrangiare la scorta per il prossimo convoglio militare attraverso il suo distretto. Quel convoglio, allo sguardo di chiunque, era simile a tutti gli altri che avevano transitato precedentemente. Ma erano coperti dall’inganno e, sotto i teloni dei camions, non vi erano vettovagliamenti per il fronte, bensì vi erano le truppe della SS, addestrate nelle lotte contro-guerriglia. Avevano mortai e mitragliatrici da usare quando l’attacco sarebbe iniziato.
“Quando i partigiani iniziarono l’attacco, le granate dei mortai incominciarono a esplodere attorno a loro, e quando cercarono di fuggire nei boschi vicini, vennero falciati dalle mitragliatrici, senza dar loro scampo. I partigiani, furono presi dalla sorpresa, fecero il meglio per difendersi, ma ben presto furono sopraffatti dalla maggior forza nemica. Molti caddero combattendo, ed altri furono fatti prigionieri, ben pochi i superstiti. I prigionieri vennero fatti salire su un camion, e sotto scorta portati alle carceri di Udine. Dopo un’interrogazione sommaria, nella penombra dell’alba seguente, furono allineati contro un muro nel cortile delle prigioni. Per un minuto intero si udì il gracidare della mitraglia e alla fine tutti erano morti.
Quella fu l’ultima volta che vidi i miei amanti, il Comandante Tedesco e così pure il Guercio. Nella tarda mattina del giorno successivo la notizia della strage era giunta in Tolmezzo. Passavo in Piazza Santa Caterina, quando venni notata da un gruppo di donne che parlavano dell’accaduto. Una di esse si chinò e prese una pietra dal selciato sconnesso e gridò;
‘Sono tutti morti per colpa tua!’
Col dir ciò lanciò contro di me quel sasso, e mi colpì. Caddi in ginocchio, e sangue sgorgava dalla mia ferita. Le altre donne, nel vedermi sanguinare, si eccitarono e, pure loro incominciarono a insultarmi e a lanciare sassi. Ripetutamente venni colpita, e sangue sgorgava dalle mie ferite mentre cadevo riversa a terra perdendo rapidamente conoscenza.
Le donne non si fermarono. Volevano vendetta per la morte di quei partigiani. Gridavano a squarcia voce ‘Sei la puttana del Comandante Tedesco e pagherai con la tua vita per la loro morte!’
“Ero divenuta la ragione della loro vendetta. Continuarono a insultarmi mentre mi lapidavano. Ero ora stesa a terra senza alcun segno di vita. Fu allora che arrivò sulla piazza Don Felice e Scanio il sagrestano. Don Felice fermò la furia di quelle donne, mentre Scanio mi portò via, sopra le sue forti spalle. Molto più tardi si accorse che ero ancora in vita.
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