Per le Donne in Rosso Venexiano
Anna Zoli vi parla ancora
Come scrissi in precedenza Anna Zoli ha ricoperto diverse sfaccettature nel settore dello scrivere. Tra l’altro le piace presentare al pubblico, quelle persone che nella vita hanno ottenuto una certa notorietà nel campo morale e sociale, nel paese in cui vivono.
Fu durante il mio processo di ricerca su di lei che lessi un suo scritto il quale era pertinente alla vita di alcune donne Aborigene Australiane, un fatto storico che avvenne anni fa, e che a quel tempo fece scalpore attorno al mondo.
Questo fatto storico-politico iniziò oltre cinquant’anni fa, all’incirca nei giorni in cui approdai in questo continente. In verità, in quei giorni lontani le mie prime impressioni di questo nuovo paese furono alquante tense ed ero sbalordito per quanto vedevo all’intorno, dovute forse al motivo che ero troppo nuovo, ma erano cose che contrastavano con i miei gusti latini, e che non potevo comprendere pienamente per la differenza di educazione che senz’altro era contrastante con la mentalità locale di puro marchio Commonwealth Britannico.
Ora vi presenterò brevemente il modo gretto di pensiero di questo paese in quei tempi e in particolare come il Governo Australiano di allora agì in modo indiscriminato nel confronto di alcune donne, unicamente perché il pigmento della loro pelle era troppo scuro per piacere a loro. Come potevano aspettarsi che quelle donne potessero avere differente carnagione, modo voluto dai padroni di allora, se per atavica discendenza apparteneva a questa terra, ed erano di razza Aborigena? Quella popolazione fu sempre tenuta in un angolo dalla dominante razza bianca. In quei giorni il popolo aborigeno era considerato alla pari di quanto fosse la fauna e la flora locale che spontaneamente cresceva lungo il territorio.
Parlo del popolo Aborigeno che da sempre ha vissuto in questo continente chiamato Australia, decine di migliaia d’anni prima che Captain Cook ebbe l’ardire di annetterlo all’ “UNION JACK”
Facciamo un salto indietro nella storia e vediamo quale fu il vero motivo che portò Captain Cook e la sua flotta a venire in Australia. La storia ci dice che fu dopo la dichiarata indipendenza degli Stati Uniti dalla sovranità Inglese. Con la perdita di quei territori, l’Impero Britannico di allora si trovò in difficoltà, non sapendo dove inviare tutti i galeotti che regolarmente erano inviati nella colonia Americana e che ora riempivano le galee patrie, sempre troppe zeppe di gente malnutrita e che costava troppo all’Impero a mantenerli nelle prigioni senza far nulla.
Questa fu la vera ragione della venuta di Captain Cook in Australia. Non fu certo per la gloria di essere acclamato un grande esploratore e colonizzatore. Era unicamente il bisogno Patrio di trovare al più presto un porto di approdo per scaricare regolarmente dalle prigioni natie quelle centinaia di convitti, e che in quell’occasione erano ben stivati sulle sue navi.
Per il mantenimento dell’ordine sulle navi vi erano le “Giubbe Rosse” ma ben poche in numero, unicamente un pugno di uomini callosi che facilmente presero possesso di quella baia che ora è conosciuta come Sydney Cove, e su due piedi proclamarono tutta la terra all’intorno, cioè l’intero continente Australiano, come Colonia dell’Impero Britannico. Nulla di meravigliarsi in ciò, era il loro modo usuale, dell’appropriarsi delle cose altrui con rudezza e arroganza verso il popolo locale, che sebbene fosse ancora primitivo, aveva pur tutti i diritti di sovranità, sotto qualsiasi legge moderna, sia sul lato civile come quello morale.
Torniamo ai nostri giorni e vediamo cosa successe a quelle donne Aborigene in quell’era che seguì la Seconda Guerra Mondiale, e tenuta col massimo riserbo entro i confini di questo continente. Quando più tardi il fatto divenne noto al di fuori del perimetro Australiano, creò negli occhi del mondo un grande sdegno per l’incredibile disumanità e durezza verso quegli esseri umani. Il sopruso fu evidente e ancor più apparve viva l’usuale arroganza e l’alto grado di superbia usata verso chi era debole. Era la chiara dimostrazione di abuso razzista.
Forse quando vi dico è una rivelazione per voi, ma sappiate che per istinto il vecchio Australiano, in cuor suo è nato razzista e non ama coloro appartenenti a razze con pelle scura, sebbene abbiano bisogno dell’ultimo arrivato, con pelle scura e attitudine servile per compiere i lavori più umili e mal retribuiti. Questo è il motivo per cui esiste ancora all’intorno il povero schiavetto incapace ad alzare la sua testa in segno di protesta.
Dopo questa mia diversificazione, torniamo ai fatti e leggiamo quanto Anna Zoli scrisse e il perché. Dissi ieri che Anna è una passionata FEMMINISTA e lotta con valore per il diritto della donna, non solo Italiana, ma tutte, tutte quelle alle quali manchi il privilegio della liberta`.
Anna, intuitivamente si è sempre schierata, a difesa dell’abbietto. Comprendo quindi il suo sdegno nel venire a conoscenza come molte donne, centinaia di madri di razza Aborigena, furono soggette prima allo stupro da parte del padrone bianco, poi, quando giunsero al termine della loro gravidanza, furono derubate dal loro frutto materno, unicamente perché il loro baby era color cioccolata.
La politica del Governo Australiano di quei giorni passati aveva divulgato la legge della necessità di preservare a ogni costo la razza bianca dalla contaminazione della mescolanza dei sangui, e imposero a quelle povere donne di colore, di abbondonare il nascituro all’ospedale, e di dimenticarsi del “Sangue del loro sangue”, che alla loro uscita dall’ospedale non avrebbe più visto e saputo a quale destino fossero abbandonati. I neonati, alla spicciolata, erano dati in adozione a famiglie di pelle bianca, di origine Inglese, sebbene per molti di essi, sarebbe pur riservata una vita ancor più miserevole crescendoli in brefotrofi.
Anna, nel suo scritto ci parla della vita di Eva Johnson. Eva è una di quelle ragazze che faceva parte a quel nucleo delle figlie della “Stolen Generation”, La generazione rubata. Questo è il nome con il quale questo fatto venne più tardi conosciuto al di fuori dei confini Australiani e che fu perpetrato per decine di anni prima che se ne venisse a conoscenza. Questo è uno dei molti soprusi che il popolo Aborigeno di allora fu soggetto da parte dell’arrogante governo di quei tempi. La parola STOLEN ci dice tutto. Rubavano alle madri i loro cuccioli, per poi donarli, come fossero balocchi, alle famiglie di razza bianca benestanti.
Eva è nata nel 1946 a Daly Rive, in Queensland. Era ancora in fasce quando fu tolta dalla madre e venne affidata alla Missine Metodista di Crocker Island. Quello era un fatto comune di quei giorni per i bambini di sangue misto, l’essere separati dalla madre, quando era evidente che il padre fosse di origine bianca. La legge di allora parlava chiaro e imponeva ciò, “Per non mescolare le razze.”
Ma la missione nella quale la giovane ragazza cresceva si trovava troppo nelle vicinanze di una tribù Aborigena locale. La giovane Eva aveva quindi la possibilità di essere visitata dalla gente del suo popolo (aborigena) e per la legge dei tempi, dissero che esisteva così il pericolo di essere influenzata da parte di quei pochi, che appartenevano alla sua stessa cultura e tradizione per nascita. Eva da poco aveva compiuto i dieci anni quando fu quindi imposto alla missione, di inviarla a un orfanotrofio in Adelaide (South Australia) dove, col passare degli anni ricevette un certo grado di educazione. Fu in quel luogo che Eva incominciò ad amare il teatro e poi più tardi lavorò in quel luogo, prima come insegnante e poi come scrittrice.
Ora Eva è ben conosciuta nel luogo in cui vive, sia come scrittrice di teatro, poeta, performer, femminista lesbica, e attivista per i diritti degli Aborigeni, difendendo i loro diritti razziali.
La rabbia sofferta per i soprusi subiti della sua gente è stata indubbiamente lo sprone che condusse Eva alla scrittura. Ci ha parlato apertamente di se stessa in una personale analisi biografica che fu pubblicata nel 1994 su “On the Line”.
Disse di se stessa, “Ho incominciato a scrivere negli anni ’70, nel momento in cui gli Aborigeni erano stanchi di sentirsi invisibili, o meglio, di essere visti ne` più ne meno come facenti parte alla fauna e alla flora locale… Fu allora necessario costruire la consapevolezza di essere, in quanto neri, come una forza sociale importante in questo paese.”
Dobbiamo un grazie ad Anna Zoli per averci portato a conoscenza di questi fatti. Mi sento pure lieto di aver avuto la possibilità di averla presentata su questo sito, Rosso Venexiano. Posso dire di lei che è una donna non comune, presa da immense passioni, ed è una strenua lavoratrice per tutte le donne.
Mi auguro che questo mio scritto possa inspirare molte di voi. Spero che sia stato possibile con questo mio scambio di pensieri, accrescere l’amore tra noi, le nostre terre, la nostra fede come Italiani. Anche se così lontano, sappiate che oggi mi sento ancor più Italiano di ieri. In me l’amore patrio è oggi ancor vivo e sentito, sebbene da lunghi anni sia stato disseccato dal feto che mi ha dato vita, istruzione, orgoglio del mio paese natio.
Aggiungo ora un’altra riga per informarvi, che da quegli anni ’70, quando il movimento Aborigeno iniziò la sua lotta di riconoscimento, mai vi fu un Primo Ministro Australiano che sentisse il dovere da parte del suo governo di dichiarare il “Mea Culpa” per il razzismo che venne imposto allora al popolo che da sempre visse in questa terra.
Quelli erano gli anni che il Governo Conservativo Liberale era al potere.
Solamente tre anni fa, quando Kevin Rudd fu eletto Primo Ministro Laborale, essendo per spirito un credente nell’uguaglianza umanistica, mantenne fede alla sua promessa elettorale così, in una delle sue prime sedute in Parlamento come Primo Ministro, fece le debite scuse, le sue personali, assieme a quelle dovute dal Governo Federale al popolo Aborigeno. Ricordo bene quel giorno, vidi il nostro bravo Kevin Rudd, che nel pronunciare il suo discorso, era evidentemente commosso, ed io lo fui altrettanto assieme a lui.
Grazie di cuore a tutti voi per avermi letto.
Ora di seguito troverete gli ultimi versi di Anna Zoli, sul suo,
“BALLATA DALL’AUSTRALIA”
Parte Cinque.
Potrei ancora amarla questa terra
rifugio per chi cerca
un po` di pace e tranquillita`
sullo sfondo la foresta pluviale
per chilometri e chilometri di costa
natura primigenia e primordiale
e vecchi tronchi stretti nell'abbraccio
di nuovi rampicanti
nell'intreccio mortale di rami e di radici
col solo scopo di giungere alla luce
e vincere la lotta della vita
forse l'unico esempio nella zona
in cui trapeli l'aggressivita`?
Lei ora qui vuol metter radici
comprandosi la terra per la casa
-la casa simbolica dell'io-
recita un credo di psicologia
- Blog di Carlo Gabbi
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