Scritto da © Bruno Magnolfi - Mar, 03/03/2020 - 21:16
“Vai via, lasciami qui”, urla adesso all’uomo quella ragazza seduta su un gradino che fa da soglia ad un portone chiuso, al bordo della strada, dopo che lo ha visto per caso qualche minuto prima, mentre camminava insieme all’altra, la solita sfacciata che oramai ha imparato a riconoscere persino da lontano. Lui le è venuto incontro quasi di corsa, ed ora cerca di dirle le parole migliori e più rassicuranti che gli vengono alla mente, nel tentativo disperato di farla un po’ calmare, ma lei si porta le mani sopra la faccia, e poi ripete che assolutamente non lo vuole più vedere, e che questo è stato il suo ultimo cattivo scherzo, adesso deve soltanto dimenticarsi di lei, completamente.
Transitano molte macchine lungo quella strada trafficata, lui si sente imbarazzato da questa situazione, fa un ultimo tentativo ripetendo le parole che peraltro le ha già detto, e dopo questo si allontana, anche perché ha capito che stavolta non ci sarà più nulla da fare, e che lei ha preso delle decisioni da cui sicuramente non tornerà più indietro. Passa qualche minuto, la ragazza ritrova una parte di tranquillità, quindi si alza e dopo un attimo riprende a camminare lungo il marciapiede, con sufficiente sicurezza di sé, ed anche con il passo che aveva prima di quella sua sfuriata.
“Meglio così”, riflette subito: “un’occasione perfetta per troncare una relazione che non avrebbe mai avuto futuro, anche se come una sciocca ho voluto crederci per forza, fino adesso”. Poi entra in un caffè per prendere qualcosa, e quindi va a sedersi ad un tavolino libero, senza neppure guardarsi troppo attorno. Non ci sono molte persone, e nessuno fa assolutamente caso a lei, che adesso si soffia il naso e si guarda dentro uno specchietto tirato fuori dalla borsa. Le rimane una gran rabbia, soprattutto per essere stata trattata come una ragazzetta di poco valore, una che probabilmente si poteva prendere in giro quanto si voleva, e che alla fine ha perso soltanto un sacco di tempo per uscire insieme ad un verme come lui. “Però a volte le cose vanno così”, riflette adesso, “e come dicono gli anziani, gli sbagli devono servire come degli insegnamenti”.
Passano pochi minuti e arriva lui, che forse l’ha seguita da lontano fino qui, e adesso, lentamente, si avvicina al tavolo. “Vattene”, fa lei, ma lui si siede con estrema calma, ed invece di rispondere ordina un caffè al cameriere. “Non credo ascolterò neppure una tua sola parola”, gli fa lei senza guardarlo, e difatti lui non dice niente, si limita ad osservarla, forse a riflettere su quanto è appena accaduto, sulle frasi con cui potrebbe fare il tentativo di spiegarsi, magari inutilmente. La ragazza non lo guarda, controlla le sue cose dentro la borsetta, forse potrebbe andarsene da quel locale, ma presumibilmente lui le andrebbe ancora dietro, e le cose si farebbero più complicate.
Lui prosegue col silenzio, lei lo ignora, nessuno si preoccupa di loro, e intanto passa il tempo, in una stallo che non sembra possa concludersi con facilità. “Adesso me ne vado”, dice lei dopo lunga riflessione. “Tu resti qui, seduto, per almeno altri dieci minuti, e dopo non cercarmi più, altrimenti mi metto a gridare subito, anche qua dentro, le peggiori cose su di te, e sono sicura che in quel caso ci sarebbe un sacco di gente pronta ad aiutarmi e pure a difendermi”. Lui non dice niente, sembra rassegnato a lasciarla fare quello che le pare, senza più preoccuparsi di lei, come avesse compreso finalmente che non c’è più niente da inventare, la loro relazione si è spezzata, non ci potrebbe essere niente capace di imbastire una riparazione, nessun accorgimento, nessuna fasciatura sopra la ferita. Lei poi si alza dal tavolo, raggiunge lentamente la porta del locale, l’apre, ed infine se ne va, decisa, convinta perfettamente di aver trovato la migliore soluzione per tutto quello che le è capitato. Lui la guarda con rassegnazione mentre esce, esprime un saluto struggente sottovoce, poi finisce il suo caffè, senza averne più neanche la voglia.
Bruno Magnolfi
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