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Autodafè

Luna, tu che fuggi via,
tu che il mio strazio ascolti,
urla a Cristo adesso
che riaccenda la tua luce spenta
per favore.
 
Il mio cuore strappato via lentamente
dal profondo di questo taglio
mai più, il mio domani
altre notti vedrà.
I prossimi sentieri per voi
saranno rosso demonio
troverò selvaggi mattini
e tornerò da voi per maledirvi.
Di nero mi si accusa
e di un raggio rubato...
 
Dalle nere bestie sanguinanti
di Cardinali Uffizi, io muoio.
Gettate i vostri cuori
e non piangete
o voi che guardate lo scempio. 
Rispondete piuttosto
con urli di rabbia
che non sian peggio dei miei latrati.
Cosa esigete dai gatti neri?
Che i galli sputin sangue
sulla nera sabbia?
 
Confessioni mie, strappate
supplizi miei ...urlati.
Ma il coro langue e le paure
che strappano le carni
ai cani voi gettate.
 
Travaglio di dolori in questa stanza oscura
di pinza e garrota.
Il fiato che manca allo strazio
non mi uccide ancora
e non svengo a queste catene.
Dolore e fustigazione a ferro e fuoco
e io brucio dentro.
La morte, unica amica,
da Santo Ufficio frustrata
mi cerca.
 
Dal carcere alle torture,
mai bando fu peggior galea.
Pena e morte più che mai voluta
alimenta il rogo del vostro dio.
Processione di giustizianti
che siamo noi dannati.
Il Santo Uffizio erige a noi
l’impalcatura del fio.
Pregate il sermone
e che si faccia presto più che mai.
 
Io lodo l’Inquisizione
che mi condanna d’eresia.
Converto il cuore se volete.
Muoio nella vostra fede
su questa pietra,
un privilegio ormai bramato
dal mio corpo, e così sia.
Desiderio insano vaga in me,
martoriata da un dio minore:
prima che mai io sia arsa
in questa notte tetra.
E al cospetto del mio Dio
il nostro Dio che mi accolga a se:
e prima di bruciare, che almeno io sia…
vi prego…
 
strangolata.

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