Scritto da © Antonio Cristof... - Sab, 23/02/2013 - 06:07
L’Angelo nero raccontato da Saverio Palluotto ex bidello del liceo Umberto di Napoli – Prima parte -
E rieccomi qua, dietro spinta (non troppo forte) di Don Antonio Cristoforo Rendola, a pubblicare na cosa su questo bel sito. Che poi, voi sapete questo professore Rendola per intero come cacchio si chiama? (az ho detto “cacchio”! si può dire?) Insomma si chiama Antonio Cristoforo Leonardo Oscar Rendola. Insomma chisto quando firma ‘e cambiale ‘nce cresce ‘a barba! Allora, perché sono qui? Sono qui perché il gentilo professore (gentilo? Si è singolare – plurale: gentile) mi ha pregato di parlarevi di un argomento particolare del quale, per la verità sono un pochino esperto, senza “falsia modestia”.
IL DIAVOLO
Come si dice? Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi. Sicuramente non è un grande cuoco, ma sarà sicuramente un prelibato pasto per il palato degli appassionati di cose, come dire? “Alcane” visto che ce lo hanno davvero cucinato in tutte le salse.
Partiamo con ordine e precisamente partiamo dalla Bibbia dove, sentiteme a me, già nella prima pagina accompare il tentatore. E fu quello il primo patto col diavolo. Eva si avvicinò all’albero del bene e del male e, chissà picchè, quest’albero era pieno di mele belle rosse rosse, e in mezzo alle mele ci stava lui, il diavoletto, sotto forma di serpente. Quella femmina (che stava…ehm…tutta nuda…maròòòòò!) prese un frutto e si avvicinò ad Adamo (che pure lui stava tutto nudo e attizzato). Adamo disse: - Eva “me la” dai? E, come ben sapete, Eva glie la dette.
Facendo un zompo di secoli, ecco che siamo nel 1300 quando prende forma l’Inferno della Commedia Dantesca. Questo è un inferno veramente infernale. Qui i condannati vengono sottoposti ai più fetenti castighi che neanche lo sciopero della fame di Pannella ci poteva fare niente. Dante era come un pittore e le sue figure di dannati erano davvero straordinarie. Guè ma Dante teneve na cervella talmente…come devo dire mò? Talmente raffinata nel pensare le pene che mò ‘o putessero mettere a fa ‘o giustiziere della notte pe farcela scuntà a chillu “Paroliso”, a chilli che hanno acciso a chelli ddoie guagliuncelle sotto Bergamo e sotto chill’atu paese dove sta quella bella pezza che chiammano zio Michele, che non so come fa a dormire la notte! Da Dante poi, nei due secoli successivi, si arriva ai poemi cavallereschi! Ah, sta cavalleria…quella vera, non quella del Cavaliere, è ‘na cosa emozionante assai. Le storie che raccontano il Pulci, il Boiardo, l’Ariosto, il Tasso sono belle assai perché piene zeppe di streghe, streghette, maghi, maghetti, diavoli e compagnia cantando.
Nel ‘500 pigliai piede la leggenda bizantina di Teofilo secondo la quale si diffuse la tematica del patto col diavolo. Cioè uno diceva al Diavolo:- Senti Coso, se mi fai conquistare quella donna, io poi ti vendo l’anima sai?- Tu vedi che cazzone! Vendersi l’anima al Diavolope’ ‘na femmena! Io mò dico: ma tra ‘o Diavolo e ‘o Pataterno chi è più importante? ‘O Pataterno! Allora concludo e dico: stunz, tu pecche l’anima non te la vendi al Pataterno?- Statemi bene e leggetemi nella prossima puntata.
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