Scritto da © Antonella Iuril... - Gio, 24/10/2013 - 07:17
Hani Kureshi- Nell' Intimità
E' una forma di arte molto difficile da praticare, come tutte le arti la si apprende con grandi quantitativi di olio di gomito e con l'esperienza.
Tuttavia si tratta di visioni limitate che non tengono conto di tutte le possibili varianti del caso e immancabilmente si finisce con il fare cose che creano l'opposto di quanto necessitiamo.
Una vecchia fiaba che assume diverse sfumature a seconda delle varie culture, narra di un gruppo di persone cieche che si incurioscono rispetto ad una creatura chiamata elefante.
Ognuno di loro, tocca una parte dell'animale e ne fornisce una descrizione ovviamente parziale. Ognuno di loro rappresenta una porzione di verità e nessuno di loro ne possiede l'interezza.
La tendenza generale, è voler credere che la verità sia solo dalla nostra parte; è troppo faticoso fare esperienza degli altrui punti di vista perchè purtroppo, siamo contenitori limitati e spesso atrofizzati. E' troppo onere fare spazio all'altro, al nuovo ma soprattutto al diverso.
La medesima dinamica si realizza all'interno dell'individuo; ogni stato dell'Io reclama la priorità, la verità assoluta, e non c'è pace fino a che l'Io si erge ad equidistante osservatore e direttore, stabilendo spazi e priorità. A quel punto magicamente, si raggiunge un invidiabile anche se transitorio stato di grazia.
"Essere capaci di sopportare la propria mente, di aspettare mentre la tempesta interiore di pensieri intollerabili si scatena, per poi restare a contemplare i resti con qualche speranza di capire quello che è successo, è un invidiabile stato mentale."
Hani Kureshi- Nell' Intimità
Uno stato più che invidiabile, poichè ci da la misura della nostra creatività nel trasformare non solo noi stessi ma anche il mondo.
E' una forma di arte molto difficile da praticare, come tutte le arti la si apprende con grandi quantitativi di olio di gomito e con l'esperienza.
Non è insita nella natura del bambino; la fragilità del suo Io non gli consente un contenitore sufficientemente funzionale per trasformare i suoi impulsi esplosivi in espressione. E' una funzione che richiede l'abilità di muoversi tra diverse postazioni di osservazione.
Einstein diceva che nessun problema può essere risolto dallo stato di consapevolezza che lo ha creato: ogni qualvolta osserviamo una circostanza o un evento, lo facciamo da una specifica prospettiva, punto di vista o paradigma.
Tuttavia si tratta di visioni limitate che non tengono conto di tutte le possibili varianti del caso e immancabilmente si finisce con il fare cose che creano l'opposto di quanto necessitiamo.
Il deficit di una prospettiva adeguata ci condanna a stagnare dolorosamente e impotentemente in stati conflittuali senza soluzione di continuità.
Una vecchia fiaba che assume diverse sfumature a seconda delle varie culture, narra di un gruppo di persone cieche che si incurioscono rispetto ad una creatura chiamata elefante.
Ognuno di loro, tocca una parte dell'animale e ne fornisce una descrizione ovviamente parziale. Ognuno di loro rappresenta una porzione di verità e nessuno di loro ne possiede l'interezza.
La tendenza generale, è voler credere che la verità sia solo dalla nostra parte; è troppo faticoso fare esperienza degli altrui punti di vista perchè purtroppo, siamo contenitori limitati e spesso atrofizzati. E' troppo onere fare spazio all'altro, al nuovo ma soprattutto al diverso.
La medesima dinamica si realizza all'interno dell'individuo; ogni stato dell'Io reclama la priorità, la verità assoluta, e non c'è pace fino a che l'Io si erge ad equidistante osservatore e direttore, stabilendo spazi e priorità. A quel punto magicamente, si raggiunge un invidiabile anche se transitorio stato di grazia.
»
- Blog di Antonella Iurilli Duhamel
- 1221 letture