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Non di solo padre: le dubbie origini di un'Arte molto antica.

Seule à seule di Antonella Iurilli DUhamel

Esiste una tendenza generale che  considera la psicoterapia un’attempata signora, anziana di circa cento anni, saldamente appoggiata alla pietra angolare della psicanalisi, a volte mezzo di comprensione del dolore esistenziale che affligge l’uomo da sempre ma soprattutto prerogativa esclusiva del mondo Occidentale. La parola in se ci dice che la psicoterapia è la cura della psiche. Psychê in greco antico significa respiro, vita, anima: principio essenziale della vita stessa.

 

L’etimo fa riferimento all’elemento spirituale della persona, la natura mentale ed emozionale; il carattere. Secondo questa accezione oltremodo unificante, tutti più o meno potremmo ammettere di essere dotati di psiche, anche lì dove venga ad essere negata l’esistenza dell’anima. Tuttavia le vicende storiche delle lingue e delle credenze da esse veicolate, hanno fatto sì che lo spazio riservato all’anima si sia progressivamente ritirato in un luogo sempre più estraneo all’agire umano, ed il termine greco che la designava ha acquistato un ruolo preminente, venendo gradualmente a mancare la vecchia distinzione tra mente e anima. Le prime tracce di cura dell’anima, o se preferiamo della mente o delle emozioni sono molto antiche.

 

Nelle culture primitive spettava allo sciamano il compito di ricercare lo spirito fuggito dal corpo a causa di un trauma o di uno stress. Riportandolo in sede l’uomo avrebbe riacquistato l’equilibrio e sarebbe tornato ad essere in pace con sé stesso. Gli sciamani erano già in grado di porre in relazione: trauma-stress-dissociazione. Gli antichi egizi, invece, ritenevano che la sofferenza era imputabile a spiriti malvagi o alla punizione degli Dei, sebbene non fossero del tutto escluse motivazioni organiche. La terapia consisteva in rituali magici e suggestivi praticati nei templi, tra questi rituali degno di nota, era l’uso di una tecnica chiamata: ‘incubazione onirica’. Si riteneva infatti che durante il sogno ricevuto dormendo nel tempio, il malato sarebbe stato visitato dalla divinità guaritrice. Tuttora in Egitto, Sudan, Africa, in alcuni paesi del mondo Arabo,nel sub continente indiano ed in Iran esistono giacigli destinati al sonno nel tempio. (1, 2)

 

Anche in Mesopotamia la sofferenza era attribuita a spiriti e dei preesistenti. Ad ogni tipo di sintomo era associato un spirito corrispondente. Nonostante la pratica fosse chiaramente magica, vi erano due tipi di interventi: uno praticato dall’Ashippu, un mago capace di identificare lo spirito responsabile, l'altro praticato dal guaritore Ashu, specialista in erbe mediche. (3) Su tavolette di terracotta, scoperte in differenti aree assire e babilonesi, vengono chiaramente specificate prescrizioni per i problemi legati alla psiche. I sogni, inoltre, erano considerati un importante strumento terapeutico per la comprensione della persona. Altrettanto in buon conto erano tenuti certi numeri, per esempio il sette, (numero caro a Pitagora), che era considerato terapeutico e per questo presente in molti rituali di guarigione.

 

Nell’antica Persia, secondo la storia di Erodoto (479-490 a.C.), la cultura era molto vasta; le scienze e le arti studiate in modo approfondito. Si distinguevano diverse figure professionali; vi era il medico, durustpat, responsabile in generale della salute, i guaritori del corpo, tanzepeshk ed i guaritori della psiche, ravan-pezeshk l’equivalente dei moderni psicoterapeuti. Esistevano anche degli ordini al di fuori dei quali si era considerati ciarlatani. La medicina aveva già iniziato a prendere le distanze dalla religione, anche se gli studenti erano tenuti a studiare la medicina quanto la teologia. Alla fine degli studi potevano diventare preti magi o medici athravan. Le malattie mentali erano insegnate nell’Università Jondi Shapur, durante la dinastia sasanide che notoriamente andava dal 200 al 600. (4)

Sempre in Persia, nel libro sacro Avesta, il profeta Zoroastro o Zaratustra insegnava le basi filosofiche della salute mentale: buoni pensieri, buone parole e buoni comportamenti. Una particolare attenzione era riservata al linguaggio ed al comportamento. Dopo diversi secoli questi concetti saranno ripresi dal filosofo Nietschze il quale, in “Così parlò Zaratustra”, rileva come solo utilizzando questa triade è possibile trovare un senso nella vita; sempre secondo il filosofo tedesco è proprio il possesso del senso della propria vita a fornirci quella forza necessaria a fronteggiare qualunque forma di stress.

 

In area islamica degna di nota è la letteratura Sufi (1200 c.); Jalaudin Rumi utilizzava metafore di notevole utilità psicoterapeutica. L’Islam non ha avuto un importante movimento psicoanalitico, ma i poeti e i filosofi hanno prodotto moltissimi concetti filosofici e psicologici che possono essere considerati gli antenati delle moderne funzioni e strutture psicologiche. Per esempio, ancor prima che Freud tripartisse la personalità in: Io, Super-io e Es (5) erano convinti che la personalità fosse composta di tre parti; inoltre, per mantenere l’equilibrio di queste parti, erano soliti praticare una disciplina fisica, una sorta di danza circolare che aveva lo scopo di sottrarre energia al sistema nervoso centrale il neo cortex, (ciò che noi abbiamo finito con l’idolatrare), a favore di un altro sistema nervoso, quello involontario, secoli prima che Wilhelm Reich postulasse la sua teoria sull’unità e l’antagonismo dei due sistemi nervosi: simpatico e parasimpatico, che rappresentevano la correlazione biologica vegetativa della concezione freudiana dell’antitesi libido/angoscia il cui equilibrio è alla base della sua visione di salute di mente-corpo.(6)

 

Il grande medico Avicenna, anche filosofo e fisico, utilizzava delle tecniche psicoterapeutiche molto simili a quelle attuali. In particolare utilizzava una tecnica molto vicina a quella implosiva utilizzata attualmente nelle terapie comportamentali per la cura di ansia, fobia, ossessione, compulsività e stati di conversione in generale. (7,8)

 

Ma abbiamo molte altre fonti di testimonianza concernenti  la pratica psicoterapeutica in altre culture. Venkoba Rao ci parla delle pratiche indiane; Leon & Rosselli di quelle degli aborigeni e dell'America latina precolombiana; Margetts (1975), ci illustra i meccanismi mentali di Indiani ed Esimesi. (9,10,11)

Gli Uroni, cultura indigena del Nord America, facevano distinzione fra tre cause di malattia: cause naturali, stregoneria e desideri insoddisfatti. Tra questi  alcuni erano noti all’individuo, altri, chiamati ondinnonk, non erano noti ma potevano essergli rivelati nel sogno. C’erano poi dei desideri che non si manifestavano nemmeno nel sogno. Alcuni divinatori chiamati saokata erano in grado di interpretare questi desideri inconsci attraverso tecniche divinatorie. Nella loro semplicità questi antichi specialisti dell’anima, banalmente chiamati stregoni, avevano idee chiare a tal punto che l’affermare che Freud è stato l’ideatore del concetto d’inconscio parrebbe persino offensivo nei loro confronti (12).

 

Tuttavia  se vogliamo continuare ad ignorare le pratiche psicoterapeutiche diffuse anticamente in moltissime culture e preferiamo  pensare che la psicoterapia è   appannaggio del mondo occidentale commetteremmo un errore storico di una certa gravità dimenticando  la figura di Alcmeone di Crotone, il medico filosofo (erroneamente definito pitagorico) al quale deve andare il merito di avere posto le basi di quella che sarebbe stata la psicologia moderna, oltre che il fondatore della fisiologia. Egli fu, infatti, il primo a propugnare l’utilità della dissezione anatomica; le sue acute osservazioni lo portarono ad asserire che le percezioni sensoriali giungono al cervello attraverso i nervi. Non considerando più la malattia una punizione divina, fu il primo ad intuire nel cervello la sede della coscienza, dell’intelligenza e delle funzioni vitali più importanti. Alcmeone evidenziò  la differenza esistente tra senso e cognizione, che ritenne essere peculiare all’uomo; separò inoltre la cognizione in tre parti: memoria,rappresentazione e conoscenza.(13). A questo punto la sofferenza dell’uomo non è più imputabile a spiriti maligni o ad una qualsivoglia volontà divina a lui estranea, ma a squilibri dei suoi elementi costitutivi.

 

Va ricordato che il grande medico razionalista Ippocrate riconobbe ad Alcmeone il merito di aver identificato nell’uomo e nel suo corpo i quattro elementi: aria, acqua, terra e fuoco postulati da Talete. Per Alcmeone la conoscenza non scaturiva direttamente dalle sensazioni ma veniva gradualmente acquisita attraverso un processo di interpretazione e integrazione delle stesse sensazioni, contribuendo in maniera fondamentale al corpus delle dottrine ippocratiche. Ancora prima dell’analisi sociologica di Reich in “Psicologia di massa del Fascismo” (14), egli postulò la natura economico-sociale della malattia, considerando la malattia, una situazione di disarmonia degli elementi costitutivi a vantaggio della tirrania di uno di essi.

 

A Socrate molti sono concordi nell’attribuire la paternità della psicoterapia occidentale. Fu di sua invenzione il metodo maieutico: una strategia che guida l’interlocutore a conclusioni logiche per risolvere i propri problemi. Tuttora questa tecnica è proficuamente utilizzata da molti approcci psicoterapeutici e la sua validità consiste nel suggerire al paziente che in lui ci sono risorse, possibilità e responsabilità di soluzione dei propri problemi.

 

Dopo Socrate, per ben sette secoli assistiamo alla nascita di due correnti filosofiche. Tra il terzo ed il quarto secolo a.C. divennero dominanti due scuole di pensiero dalla chiara valenza psicoterapeutica: la scuola Stoica, fondata da Zenone di Cizio, e quella Epicurea, fondata a Samo da Epicureo. Quando ancora la filosofia costituiva un modo di vivere e le scuole di filosofia erano dei centri di cultura  dove si ricercava, in diverse aeree del sapere, la comprensione del mondo e il miglior modo di interagire con esso per soddisfare lo scopo primario della filosofia, la posizione degli stoici suggeriva una visione del mondo distaccata necessaria al   raggiungimento del benessere e la sconfitta dell’ansia, quella degli epicurei invece,  proponeva il piacere come soluzione allo stesso problema. Entrambe le posizioni sono riscontrabili in molti approcci psicoterapeutici.

 

Quando, consideriamo poi, che  l’assunto di base della psicanalisi, parte dall’eterno conflitto tra  Eros e Thanatos, avremo modo di scoprire che il filosofo presocratico Empedocle d’Agras riconosceva  l’importanza di due forze che agiscono sugli elementi in modo distruttivo e costruttivo: Philia, che è una forza d’attrazione e combinazione e Neikos, forza repulsiva e di separazione. Secondo Empedocle queste due forze erano coinvolte in un’eterna battaglia per  il dominio dell’una sull’altra  alternandosi continuamente. Possiamo dunque constatare quanto  il mondo greco fosse a suo agio nel  riconoscere l’alternanza tra le parti razionali ed irrazionali della psiche. E’ più che evidente che esiste sin dall’antichità una precisa consapevolezza del mal funzionamento della relazione  Mente/Corpo; esiste  una sorta di filo rosso che nel tempo non si è mai spezzato. C’è da chiedersi allora  perché sia così diffusa la convinzione in molti settori scientifici incluso quello della psicologia e della psicoterapia, che:

1. L’uomo ha progredito e nelle attività umane vi è una evidente evoluzione;

2. La civiltà implica progresso, il grado di avanzamento della civiltà è direttamente proporzionale al tasso di progresso acquisito;

3. Il progresso e la civiltà sono iniziati con i greci inventori della filosofia speculativa e della scienza razionale;

4. La scienza e le discipline basate su di essa sono l’unico strumento valido per giungere alla verità oggettiva;

5. Gli antichi non conoscevano niente più di noi. (15)

La psicoterapia non è ancorata alla psicoanalisi, esisteva già da tempo e persino la nozione di inconscio si perde nella notte dei tempi. Il modo di concepire la mente ed i suoi relativi nodi, da parte di Freud, rappresenta un innegabile contributo, ma stabilire chi prende da chi è un’ardua impresa. I confini tra psicoanalisi e psicoterapia sono molto sottili e difficili da definire. Inoltre, la psicoterapia non è appannaggio dell’occidente ma di quel certo liberalismo che può collocare l’individuo nella condizione di mettere sotto osservazione la propria coscienza nel perseguimento della verità qualora egli lo voglia. Se per Nietzsche, come per Platone, la vera sapienza consiste nel ricollegarsi a quello che si sapeva già, allora la strada da percorrere è ancora molto lunga considerando che da tempo l’abbiamo smarrita.

 

BIBLIOGRAFIA

1) Baasher T., The Arab countries., In: Howels J.G. ed. World history of psychiatry, London, Balliere Tindall, 1975.

2) OkashaA., Our Heritage: a perspective of mental disorder in Pharaonic, Egypt. Paper presented at the Thematic Conference of Eastern Mediterranean Region, World Psychiatric Association, Kaslik, Lebanon, 14-17 April, 1998.

3) Avalos H., Illness and health care in Ancient near east: the role of the temple in Greece, Mesopotamia and Israel, Boston, Harvard Semitic Museum Pubblication,1995.

(monograph 54)

4) Elgood C., A medical history of Persia,Cambridge, Cambridge, University Press,1951.

5) Rizvi S.A.A., Muslim tradition in Psycotherapy and modern trends, Lahore, Institute of Islamic Culture,1988.

6) Reich, W., La Funzione dell’Orgasmo, Milano,Sugarco edizioni.

7) Noorbksh. J., The role of the poetry in psycotherapy, Theheran, University Press,1965.

8) Pezechian S., Using stories for psycotherapeutic aims, Springes-Verlog, New York,1974.

9) Venkoba Rao A., India. In JG. Howells (Ed.), World history of psychiatry (pp.624-649), New York, Brunner/Mazel 1975.

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