La Nascita del Natale ha una sua preistoria, uno specifico background che affonda le radici nei tempi bui della vita dei popoli; l’analisi di queste radici ci consente di comprendere le differenze e le similitudini tra i vari popoli e le loro relative culture.
Il Cristianesimo si è innestato su una civiltà già esistente, che non fu rasa al suolo, bensì trasformata e quindi non si può parlare correttamente di Natale, limitandoci esclusivamente alla nascita di Gesù Cristo senza rischiare di cadere in uno scarno discorso religioso.
Secondo lo studioso Francesco Saba Sardi ci sono tracce datate 5000 anni che ci propongono le prime formulazioni del rito del Natale. Simboli di rinnovamento fanno rivivere il senso di meraviglia originario e tra questi, è facile incontrare la nascita di un bimbo innocente e fiducioso nei confronti del suo nuovo mondo: la sua grande madre, la Natura; una realtà misteriosa che l’umanità ha sempre avuto bisogno di comprendere e propiziarsi.
L’uomo primitivo era indissolubilmente legato ai ritmi e ai cicli della natura, il Sole era la divinità che scandiva tutti i momenti salienti della giornata e della vita; la sua nascita e la sua ciclica scomparsa diedero luogo a riti atti a supportare la sua forza anche nei momenti più bui, daltronde tutta la natura era vissuta in maniera misteriosa e magica e i riti avevano una funzione propiziatoria.
Il ciclico bisogno di rinnovamento ha quindi dato luogo alla nascita di molti natali non solo quello di Gesù Cristo, ma anche quello di altri salvatori partoriti dal grembo di madri vergini, che sbucano da grotte o da caverne; basti pensare a Budda nato dal fianco della madre Maya evitandole così i dolori del parto e la perdita della verginità.
Francesco Saba Sardi nel suo libro racconta il mito del Natale, prendendo in considerazione antichi documenti di altre culture religiose: occidentali, orientali, africane e indoamericane, e ci propone un’articolata visione delle concezioni del Natale , del “Figlio del Cielo” , dell’”Apparso” o degli orfici “Phanes” rappresentanti il sole nascente: divinità provenienti dall’eternità che è senza tempo per definizione. Gli “ Apparsi” sbucavano, con le regolari scadenze delle crisi, da abissi, schiume, astri, nuvole, grotte, acque, mangiatoie, grembi materni.
La conoscenza dei punti di contatto con altre culture religiose è un’azione necessaria se vogliamo contrastare la tendenza delle religioni a creare paura e odio; nella misura in cui sono detentrici di una verità assoluta stabiliscono confini e trincee dove albergano superiorità mista a paura isolando l’uomo dal resto dei suoi simili.
Ma che cos’hanno in comune le diverse versioni del Natale presenti nelle varie religioni? Qual è il sostrato concettuale sotteso alle simili scenografie? Secondo Francesco Saba Sardi il Natale potrebbe essere definito come:
<< frontiera tra l’esserci e il non-esserci. Eros che cavalca un delfino, avendo come attributi ora le ali, ora la lira, ora la clava di Ercole, era il simbolo greco di questo stato di sospensione: un cullarsi sull’acqua, un librarsi sull’abisso. Il frutto del Natale è un ente suscettibile di evolvere in ogni direzione e dimensione, onnipotente com’è, donde la varietà delle sue metamorfosi.
Lo specifico carattere di appena nato, rende impossibile stabilire se appartiene all’aldiqua o all’aldilà, alla concretezza di carne e sangue o a un limbo di incertezza. Il ciclo nascita-copula-morte, l’evidenza dei processi naturali, presta attributi all’idea mitica, e a sua volta il racconto mitico spiega la natura, in uno scambio continuo in cui la spinta iniziale è un’invenzione, una rivelazione. Il Natale dei Vangeli, il Cristo, percorre le tre fasi del mitema: neonato; eroe minacciato dai pericoli ma trionfante; morto e risorto>>.
Il Natale appartiene all’umanità nella sua interezza; l'essere umano non nasce solo il giorno in cui viene alla luce dal grembo di sua madre, la vita lo porta a rinascere ancora , ancora e ancora se sarà in grado di crescere e rinnovarsi.
Buon Rinnovamento con l’augurio di pace e lucidità.!
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