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Andai al primo amore come un corollario della notte

E poi tu
che dovevi essere tu perché un’altra
con quel denaro sulle cosce smunte
sarebbe stata regalata
e ne avrei avuto incarto più che il profumo.
 
Ma stavi punta nella paglia
nell’unica sedia a regime lì rimasta
come una gruccia dadaista.
 
Chissà perché pensai a quanta fame.
Forse le ballerine basse o la smagliata rete dei collant
con dentro solo l’intimo sospiro
o gli occhi sui miei piedi
o l’incidente delle mani per lo più sguardi tremanti.
 
E mi riebbi quando a metà del primo barcio accolsi
con labbra fatte gelide
un collo di bottiglia e tutto il brandy a seguito:
se fossi stato il ghigno della luna
avrei pensato diversamente sesso,
che è pur sempre il fiore dell’angoscia
quando s’inclina a nolo.
 
Poiché però una spirale sul comò
gettava dubbi su quel seno scarno
mi attenni al freddo
e uscii da ogni parallelo a quella stanza
restituendo i sogni.

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