Scritto da © Piero Lo Iacono - Mer, 17/11/2010 - 18:02
Qualche secca foglia gozzoviglia sull’asfalto
svolazzando.
Il mucchio di fogliame morto,
raccolto sui binari,
la brezza ramazza,
e per ghirigori a spirali,
vortica e sparpaglia.
La luce del giorno cade come uscita da una tomba.
Sul marciapiede affumicato,
un topo dal ventre scoperto,
fermenta di vermi affamati
e gli astanti fissa
coi suoi lucidi occhietti turchini.
Il vento è fetida aria
che noi a stento respiriamo
contemplando la carogna marcire.
Le ossa dei suoi calcagni
spuntare dai piedini spellati.
Il viavai di mosche dalla bocca digrignata.
Un gatto randagio vi ficca la lingua
e il sangue incrostato lecca
tra le gengive e i peli dei baffi.
Poi irritato se ne va
disgustato dal pasto.
“La città è piena di sorci morti
-m’informa Nanni-
hanno disinfestato le fogne
e salgono a morire allo scoperto
con tutto il veleno addosso”.
Sulla panchina appartato,
sopra un foglio del giornale d’oggi,
un barbone sdentato
mangiucchia avanzi
di pane e pera,
e ad ogni boccone
contro il muro sputa
saliva con muco.
Una signora perbene,
dall’aria inglese,
si impettisce e si gonfia
come un piccione,
tra un risucchio e una smorfia,
poi volge gli occhi al cielo,
mentre punta il suo ombrello,
come un coltello,
e il suo corpo di canna, imbottito,
contro il cemento del lastricato.
Il capostazione si gratta il ginocchio con la paletta
e sogghigna sornione nell’uniforme.
Fischia il suo ordine
e il treno che dorme riparte,
sotto una rete di pioggia fitta e pungente,
verso la prossima stazione.
6-11-1988
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