Scritto da © Franco Pucci - Mar, 11/01/2011 - 17:25
Non mi ha creduto, ma soprattutto non mi ha perdonato di non avere posto attenzione a Gatto e di essermi fanciullescamente trastullato con un manipolo di formiche isteriche. Ho provato inutilmente a spiegarle che ero talmente assorto nei miei pensieri crepuscolari da non rendermi per niente conto del tempo che passava. Francamente mi ero scordato di quel felino saccente e arrogante, tutto pieno di sé e della sua boria, in fondo che mi fregava delle sue doti paranormali, l’importante era che non mandasse me in paranoia!
Così ho dovuto prometterle che sarei andato alla ricerca del bastardo, poiché stanotte non è rientrato e la sua presenza sembra essere fondamentale per il proseguimento del nostro rapporto. A onor del vero, più che un rapporto a me pare essere un verbale di conciliazione stilato presso un giudice di pace ma tant’è…non voglio vederla sparire un’altra volta dentro la tana di un coniglio. Stretto nel piumino d’ordinanza, ho raggiunto il luogo del misfatto e mi sono ingegnato a percorrere all’inverso il tempo trascorso ieri sera sulla riva della laguna. Mi sono seduto sulla solita panchina e ho girato lo sguardo tutt’intorno. Nulla di anormale, il manipolo di formiche marciava compatto e impettito. Il solito merlo, sfuggito chissà come alla strana moria di questi tempi, teneva d’occhio i loro movimenti osteggiando indifferenza. Solo un gabbiano, volando più basso del solito, mi sfiora stridendo e atterra elegantemente su una boa.
Sono francamente infastidito dalla situazione, di Gatto non v’è traccia e l’umidità urla attraverso ogni mia congiunzione ossea. Ma…sì, ora mi ricordo! Prima di salutarmi con il suo ghigno mefistofelico si era infilato in quel vecchio portone! Ho raggiunto velocemente il ponte e, attraversandolo con incoscienza e facendo lo slalom tra le macchine mi sono fiondato all’interno del vecchio edificio. Un anonimo androne, maleodorante di muffa con le cassette raccogli - posta debitamente sventrate da mani vandaliche e una lunga scala che porta ai piani superiori immersa nella penombra per poi sfociare man mano nel buio più assoluto.
Sto facendo i conti con quella strana sensazione di timore misto ad ansietà che mi coglie ogni qualvolta mi trovo in queste situazioni, quando un miagolio mi distoglie ed acuisce i miei sensi. L’ho riconosciuto, come no, è lui il bastardissimo felino! Dove sarà mai? Il suono sembrava provenire dai piani superiori, così divoro le scale e la paura dell’ignoto in un lampo e mi ritrovo, senza rendermene conto, all’ultimo piano dell’edificio. Davanti a me una porta di metallo scrostato m’invita socchiudendosi e aprendosi alternativamente. Un respiro profondo e…varco la soglia. La luce del sole di Agosto m’investe in pieno, l’amaca dondola invitante e l’esercito di formiche sta marciando spedito verso il buco nel pavimento. La brezza marina mi avvince, mi stendo sull’amaca e, mentre il ghigno di Gatto dondola indisponente tra le piante del balcone, torno a sognare la nebbia della laguna. Strana estate quell’estate del ’65, vero Alice?.... Alice?
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