a cosa valse l'ultimo grido?
Di gente, ne vidi ben poca...
Smarrita, repressa,
stordita.
Accantonata...
Gli onesti furono pochi...
Ma, faccio un sunto...
Mi trovai da sola...
Fra molti oppressi...
E si era nel tunnel: c'ero anch'io...
Ci guardammo negli occhi, in quel silenzio,
pietosa maschera al boato: “Come si parla?!...”
Molti rimasero nel cerchio,
aspettando le gare dei detenuti.
Poi gettaron parole,
l'una sull'altra,
sdrucciole,
senza senso.
Spezzai la corda;
lanciai un urlo.
In quel mio strazio,
non incontrai,
che sorde pareti
d'ombra.
Ognuno vagava nel buio.
Se grido, ancora,
giovane dolente,
e per poterti dire,
che alle porte
c'è spesso il tuo “rivale”
che non parla
per dimostrare
d'essere il più forte.
Lascia il tuo grido.
Non ci avvilisca l'onta;
nessuno pensi d'esser il migliore
fra i cuori infranti.
*Modificata il 8.4.2012
- Blog di Giuseppina Iannello
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