Scritto da © Anser - Mer, 16/05/2012 - 21:58
Sono ombre di stelle,
pallide luci [a tranciare
i bagnasciuga d’ogni mare]
prenderti la mano
è scansare vagabondo
di sorrisi bastardi del cielo.
Le strade per Arles portano a nulla,
nemmeno a mimose di Gauguin,
allo sberleffo gitano di battone di seta
con gambe troppo aperte
per ogni bonsai d’amore.
«Si, ricordo ancora
l’andare tracimato del tempo»
le giostre di neve, a Venezia
quando Ernest giocava di sponda
sui tarocchi spaiati all’Harry’s bar
e tutto andava, in molle silenzio.
Ho pianto, scansando la pioggia di Lisbona
[e lo sgangherato andare di Fernando]
al suono di salmi a Chartres,
ho pianto [senza presunzione di peccato]
all’incrocio fottuto d’ogni mare.
«Mais, maintenant, oubliez mon prènom»
come s’abbandona un aborto di cielo
o si spegne, noncuranti, una candela.
Incidete sul mio viso un trompe-l’oeil
[un disincanto d’amore]
affinchè tutto appaia un sorriso.
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