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Ad Arthur Rimbaud

 
 
 
Mettesti un oceano tra te e l’Europa
con ponti d’oro sopra vascelli d’argento
le cui chiglie spaccasti per andare a picco.
 
Raggiungere l’Ignoto mediante
il disordine ragionato di tutti i sensi.
Non dire più “io penso”
ma “mi si pensa”
perché “io è un altro”.
 
Provare tutte le forme d’amore e di pazzia.
Tutte le pose del dolore e dell’orrore.
Farsi factotum. Fino ad estraniarsi da se stesso.
In perpetuo stato di legittima offesa.
Diventare il lupo urlante
che sputa le piume belle
del suo pasto di polli.
Nomade dalle scarpe ferite a sangue
in viaggio-per-viaggiare
per le lodi allo spazio e al non-ritorno.
Abbandonata la scrittura boia
per le più avventate avventure
come rimedio alla noia.
D’armi trafficante per Menelik, il Re.
Mercante di schiavi per i ricchi buffets.
 
Ci furono poeti spie come Marlowe.
E poeti assassini e ladri come Villon.
 
L’uomo distrugge se stesso col suo pensiero.
Come una pistola rivolta alle tempie.
 
Così muore a 37 anni il poeta sedicenne.
Rispondendo a un dettato che lo trascende.
Un bateau ivre…. in una stagione all’inferno.
E lo schianto ancora mi va scerpando.
 
5-1996

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