Totentanz

Danza macabra ieri a Reggio Emilia. Uno degli aguzzini delle cupe Brigate Rosse – Prospero Gallinari – ha tirato le cuoia (un colpo apoplettico, nel garage di casa: chissà, una fine simbolica?…) e ieri appunto si svolgevano i funerali, con tanto di compagnia bella di compagni e simpatizzanti d’antan. Un vero congresso degli spettri, coi macabri carbonari di una giovinezza oramai remota, a rievocare, tra facce impinguate dall’età e rade chiome inargentate e comunque lunghette comment il faut, i fasti di un ideale pressoché preistorico e comunque “sgarrupato”  da ogni dove e oggidì improbabile, irrevocabile, patetico. Pietosi fantasmi s’affacciavano sulla bara infiorettata di rosso a decantare l’eroismo “patafisico” di quel mito a rovescio, che aveva imbracciato le armi contro l’ingiustizia in nome di un’altra ingiustizia. Quel mito della “pena di morte” innalzata all’ideale cieco e fanatico di un determinismo assoluto e indiscutibile che, sopravvalutando la propria forza razionale, decideva la “soluzione finale” (die Endlösung) di chi si opponeva al loro progetto universale, magari in virtù dell’arte del compromesso e per mettere in campo soltanto piccoli obiettivi onde ottimizzare solo rapporti particolari tra forza-lavoro e capitale, e non conformi a palingenesi rivoluzionarie che avrebbero sublimato il destino del genere umano…
Un’accolita di fantasmi, accalcati intorno ad un feretro, a piangere e rimpiangere la propria gioventù buttata via dietro ad una “religione” incongrua e dispotica, come ogni fede, e alla quale non abdicare comunque, perché dovrebbe significare la rinuncia ad un senso alla propria vita, sia pure distorto ed abietto, e mettere in luce la propria mortificante insensatezza.