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Promenade chez Hollande (alla Montesquieu Lettres Persanes)

Caro Silvio, ti scrivo queste poche righe dopo aver fatto un salto nella vicina Francia, sono solo di passaggio e quello che mi fa arrossire nel dirtelo è il ritenermi un osservatore astratto ma emozionabile dei costumi ivi presenti che forse è preso da un’ansia di ritorno per gli effetti d’una sorta di autocritica interiore che porti al succoso detto... "Guarda ai tuoi difetti e non giudicare gli altri come non vorresti essere giudicato a tua volta”,  questo mi contiene ad una meno pungente ironia, ma ciò nonostante aleggia in me una sorta di riflesso condizionato dalla coscienza e dal mio forte senso di giustizia che mi porta a farti partecipe del mio sussiego.
Caro Silvio, lo sai che i costumi cambiano con il cambiare della società in cui stai condividendo la vita, non siamo tutti uguali non ci è dato capire le ragioni e le motivazioni che ci portano a prestare attenzione ai modi di fare consolidati come ad alcuni atteggiamenti o manifestazioni quotidiane del vivere comune, Silvio, lo sai non possiamo arretrarci nel nostro ovattato intendere la vita e astrarci completamente da essa nel caso in cui si debba comparare o confutare questa o quella cosa.
Per esempio ieri, una giornata di splendido sole trapelava dalla finestra della mia camera un timido raggio di luce, l’incomparabile maestosità dell’aurora si era già stemperata da tempo indefinito ed i miei occhi socchiusi e assonnati s’aprivano come sempre con lentezza e poca solerzia, il pensiero disarcionava i sogni dal mio vivere ora una realtà francese inaspettata, al primo movimento della testa la mia fisicità, la mia integrità se ne era andata, la causa di tutto questo mi chiederai, presto detto. La notte passata su di un letto atrocemente addobbato con un pseudo cuscino rotondo che metteva a dura prova qualsiasi cervicale, anche la più fresca e flessuosa, m’aveva ridotto un catorcio da rottamare, plasmandomi  in posa antalgica e irriverente ad un essere umano definito erectus contraendo le mie membra con il risultato di farmi apparire davanti allo specchio come la falsa riga di un scimmione penzolante e fuori squadra.
Mi dicono Silvio che questi sono cuscini usati anche dai Re di questa grande e potente terra, allora mi chiedo .. chissà che sia una sorta di nobile compensazione degli stessi per avvicinarsi al dolore dei sudditi che si spaccano la schiena al lavoro tutti i santi giorni, feste comprese, si forse ai Re non mancava questa vicinanza con le astiosità di una vita di duro plebeo lavoro.
Non contento della nottata, mi dirigo in bagno e la sorpresa di trovarmi senza la possibilità di pulire le mie natiche in un bidèt, già mi turbava.. e poi tutta quella carta da parati attaccata ogni dove, dava un senso oppressivo all’ambiente. Convinto dal sole mi vestii e chiusi la mia camera a chiave per andare a fare la colazione, con sorpresa, m’accorsi che la chiave non funzionava, riprovai ancora e dopo un paio di tentativi falliti girandola in senso inverso ottenni di poterla chiudere. Mi chiedo caro Silvio, ma perché quello che s’apre in Italia, in Francia si chiude e viceversa, ancora devo  trovare una spiegazione razionale, il mondo alla rovescia forse.
Sceso per strada, la sensazione dell’aria fresca mattutina mi armonizzava con lo stimolo della fame, avevo bisogno di una buona e rigenerante colazione.
Entrai in una panetteria per prendere le famose paste francesi, che tanto mi piacciono e mi allietano al sorriso, e per sorriso intendo quel gusto di provare esperienze nuove ed assaporarle intensamente nella pace infusa e nella cordiale giovialità del mio candido spirito.
La disponibilità e la gentilezza che incontri per le strade e nei negozi è una facciata di drastico sarcasmo nei confronti della lealtà degli atteggiamenti umani, qui in Francia ho notato che chiunque abbia un sorriso di gentilezza dietro l’angolo del suo pensiero prova un irrefrenabile desiderio di mandarti “a quel paese” senza pensarci due volte, e se per caso qualche solerte venditore s’accorge della tua difficoltà a dialogare per un avvenuto gap linguistico, oltre ai pensieri si materializzano anche gli sfottò contornati da larghi ed accomodanti sorrisi di conferma. Noi Italiani, nella nostra educazione sanitaria collettiva abbiamo sempre presente di insacchettare il pane che ci compriamo in contenitori che possano evitare il contatto con altri oggetti, in Francia ti ridono dietro se non condisci il pane con la puzza ascellare del tuo corpo.. forse un ingrediente personalizzato per far assaporare al cento per cento i sapori nascosti della loro famosa cucina locale, se alla fine chiedi un sacchetto per il pane.. ti senti rispondere “ahh les italiens.. quel dommage”..
Il caffè poi.. te lo raccomando… portatene un po da Arcore se pensi di soggiornare per qualche tempo qui, è quasi tutta cicoria ma ti dico che è più aromatica la cicuta...
Il campanilismo che vige nei dialoghi di un comune francese mentre ti decanta le meraviglie della sua terra raggiunge dell’incredibile, hanno la capacità di far sentire imbarazzato l’interlocutore che si avvicina a chiedere informazioni per questo o quel sito visitabile od anche per la ricerca di un viale, di una piazza.
Tutto è enormemente grande nel substrato eruttivo delle esplicazioni che sostengono con fermezza sicurezza e non pochi imprecisati “truc” farcenti il fluire d’un qualsiasi discorso disseminato di lacune argomentative dissipate con semplici pernacchie orali ad uso promiscuo, per esempio, chiedere ad un francese, meglio se parigino un consiglio od una indicazione stradale è un’esperienza formativa ma terribile. Ho visto uomini uscire con il sacchetto della spazzatura in mano da casa loro, naturalmente non differenziata.. che alla domanda “Mi scusi signore, sa dirmi dov’è il museo d’Orsay”, mi rispondevano.. c'est par là que ça se passe.., ma quel “là”, non era appropriato per trovare la vecchia stazione che l’ospitava a meno di 300 metri di distanza dalla casa da cui stava uscendo, e per riscontro confermavano le stesse argomentazioni anche altre persone interpellate nelle immediate vicinanze del museo. Ripetuto l’esperimento anche in altri siti di rilevante importanza architettonica e culturale, mi consigliavano in tutta sicurezza e con enfasi argomentativa la strada sbagliata quasi tutti i soggetti messi alla prova. Spesso i Francesi subiscono un disorientamento spazio-temporale dal bisogno di imprimersi come protagonisti della loro stessa grandeur, comunque, a sofismo retorico tutto sommato ci siamo, non serve dire la verità se non sai che detto museo ha aperto i battenti al pubblico già dal 1986, meglio però fare un bel discorso fermo, stordente e sicuro nelle proprie proposizioni, dar sempre l’impressione di sapere molto, anche quando non te ne importa niente dell’argomento da enucleare. Comunque Silvio forse questo vale anche per te, senza offesa… Nhe!.
Però all’opposto della Grandeur nazionale tanto osannato ogni dove, quando utilizzi i normali tavolini di un bar, devi farti piccolo piccolo, viste le dimensioni degli stessi ed il pochissimo spazio a disposizione per poter appoggiare la birra od il caffè.. in compenso i prezzi si rifanno al grandeur summenzionato, e se per caso ti venisse in mente di chiedere un caffè italiano, preparati anche ad un esborso doppio del previsto. L’attitudine dei francesi ad essere maniacalmente legati alle loro tradizioni fa si che l’accomodarsi in seno alle usanze ed ai loro modi di fare, per un italiano, sia un piccolo passaporto per la salvezza, una specie di salvacondotto per non essere discriminati come “cugini poveri”, eccetto te Silvio naturalmente.
Più si allargano le vedute e più emergono ed alla lunga si integrano le differenze, e tutto si uniforma quando il discorso verte verso il denaro, già, tu lo sai meglio di me Silvio che il denaro porta alla felicità, ma tanto come il denaro ha un suo valore intrinseco legato al fluttuare dei mercati e delle economie tanto dovrebbe essere palese che un taglio di banconote non deve per forza assumere un “grande formato” per designarsi di grande valore, anche qui i francesi eccellono per grandeur, e la soluzione ideale per loro per rendersi altezzosi protagonisti di successo nei mercati mondiali era, almeno con la valuta in franchi, un ulteriore stimolo ad accrescere smisuratamente le dimensioni della banconota, tanto da far sortire nel francese medio, quella accuratezza e metodicità dei movimenti che hanno dato origine all’illuministico e raziocinante origami della banconota,
sviluppando quel fine genio francese nel piegare con cura e perizia la stessa al fine di inserirla nel portafoglio. Comunque malgrado gli sforzi, il lato occulto della grandeur del franco francese esce sempre in risalto anche dallo stesso contenitore in pelle griffata.
Sarà stato anche questo un sistema per aiutare le persone con difetti di vista e di contante? Oppure un subliminale messaggio per indicare le proporzioni di un potenziale grande acquisto, comunque sia, ora il violaceo colore del taglio contenuto e monastico d’un pezzo da 500 euro, ci ha liberati da questo pensiero uniformandoci totalmente nelle differenze valutarie, e per contro,  destabilizzandoci dalla credenza di riconoscerci come gli unici detentori della più bella banconota messa a disposizione tra quelle del serpentone monetario. Tutto questo porta al funerale d’una fetta d’identità valutaria già radicata in noi, prima assalita da crucci e dubbi da assodare, almeno per custodirla in siffatta grandezza. Ora l’Europa è giunta ad uno stato di crisalide, in attesa di partorire una bella e variopinta farfalla svolazzante ed armonizzante la ricchezza ed il trasformismo nelle nostre abitudini valutarie quotidiane.
Il mito poi legato al pro-fumo del denaro tende a portare l’attenzione al preconcetto forse un po cattivo di eleggere il classico cittadino francese a farsi protagonista d’un uso smoderato di profumi da accollarsi alla pelle, per renderle quella soavità e fragranza già ancestrale culto della pelle liscia di un infante, spesso anche a chi si ritrovi in un età avanzata.
Per noi italiani, addossati ai pregiudizi come tutti, leggiamo un tentativo di esulare il contatto liberatorio e dispensatorio dai mefitici effluvi che il semplice contatto con acqua e sapone scinde dal tentativo di farci fautori d’odori riconoscibili ai lupi come all’uomo di foresta.
I francesi sono bravi a creare i profumi per coprire gli odori corporali? Ancora qualche soggetto lo pensa in Italia, ma tu caro Silvio che ne pensi di tutto ciò? Tu dici che sia profumo di donna, o l’acre fumo dei lacrimogeni l’olezzo che ti senti salire intorno?
Per chi ama viaggiare in autostop, alcune conoscenze di base degli autisti francesi sono comunque devianti dall’incappare in sfortunate disavventure culinarie all’ora di pranzo o per cena, e servono pour depannaire da situazioni paradossali o inimmaginate. Il routier come il viaggiatore medio francese sanno dove andare a mangiare, e per farlo si affidano al loro naso, no anzi al naso altrui, basterebbe fare un esperimento al contrario, caro Silvio mò ti spiego; Prendi una decina di camion e qualche autovettura e parcheggiali nello spazio adiacente il peggior ristorante o bettola che puoi trovare, attendi l’ora di pranzo sul piazzale ed informati interrogando i clienti che si avviano al locale per recarsi a mangiare, su quali basi abbiano scelto proprio quel posto per rifocillarsi.
Tutti ti indicheranno che si sono fermati perché il parcheggio è pieno di camion e notoriamente i camionisti sanno già dove andare per trovarsi meglio. Ma dico io Silvio, se dietro a quello squallido ristorante, che ne so, possa esserci un’officina per camion che usi in maniera promiscua il parcheggio adiacente la bettola? Non voglio una risposta Silvio, ma ti prego se capitasse anche a te di trovare tutti i tuoi noti ristoranti chiusi o pieni, come dicevi prima dello sgambetto di Monti, fai attenzione ad usare questo escamotage indifferentemente per poterti rifocillare con dignitose preparazioni culinarie, potresti rimanere deluso o peggio potresti far piangere le tue figliole che ti porti appresso.
In definitiva paese che vai usanze che trovi, questo a complemento delle discrasie tra nazioni e culture diverse. Ora si cerca di far tramontare tutto questo comportamento speciale annoveratosi nei secoli e incistato nei nostri luoghi comuni o abitudini complementari allo stile di vita, si cerca a livello europeo un’identità che è venuta a mancare per effetto dei confini geografici e della custodia degli usi e costumi di un paese nazione.
So che queste poche righe non ti faranno felice, ma di certo pensa al vantaggio di non avere messo in piedi al pari dei francesi tutte quelle centrali nucleari che tanto ti piacevano e ti illuminavano gli occhi di affari da sbrigare. Pensa a Sarkozy poverino a fallito, a come ti prendeva per i fondelli, pensa a Carla Bruni che ha abiurato la sua discendenza italiana, pensa ad un bel letto con i cuscini appiattiti e performanti, pensa e dormi rimboccati le coperte e sogna. Le sontuose feste al moulin rouge, al Trocaderò, all’Eliseo, a Versailles, sempre più belle e sfarzose di quelle tue nostrane che organizzi ad Arcore. Sogna Silvio, sogna ancora, la tua bella vita terrena. Assopisciti nella determinazione che non siamo un paese di fanculisti e papponi, santi e marinai, navigatori e cuochi, addetti alle salme e mangia salame, buontemponi e predicatori, sofisti e precursori dell’assurdo, anche un po puttanieri e bigotti traditori voltagabbana. Un’ultima cosa Silvio, sai come hanno nominato all’isola del Giglio il classico piatto buonissimo in verità chiamato “spaghetti allo scoglio”? Spaghetti alla Schettino… .
Buona notte Silvio, a presto riscriverci, e non ti crucciare ora con l’Europa alle porte non si può sempre avere Mari e Monti in questa vita, sogni d’oro.
 
mao
 

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