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Lettera al grillo parlante.


Ciao scemo (sei un comico, no?). Premetto che ai grilli saltimbanchi preferisco le tartarughe: calme, lente, sagge; vivono più a lungo e meglio di tanti grilli “per la testa”, e se fa freddo, dormono, mica danno fuori di matto. Vabbéh, lasciamo perdere. Comunque, una volta, tanto tempo fa, mi facevi un po’ ridere. Ma poi non mi fidavo, a esser franchi. E non mi fido tuttora delle Primedonne che riempiono la scena. Sempre soltanto loro, mai nessuno che loro considerino pari, mai un co-protagonista. Spazzano via ogni scetticismo sull’esistenza di qualcuno altrettanto bravo…
Così l’ambiguità monta in cattedra, e non si sa se maledirli, i grilli “saggi”, o prostrarsi ai lor piedi in atteggiamento estatico. E, in quest’ultimo caso, dubito che ti dispiacerebbe.
Dunque oggi, osanna nei cieli, il primo estremista di destra-sinistra monta sui gradini più alti dell’empireo governativo a sputare le sue, qualche volta avvedute, sentenze su un vecchio ordine del mondo, da insultare e ripudiare. Con l’obiettivo supponiamo di una catarsi di quel vecchio sistema imbolsito, di una sua palingenesi seguita dall’avvento di un ordine nuovo…
Ahimè, quanto suona vecchio il nuovo… caro il mio comico… com’è facile questa frenesia iconoclasta gettata come droga a un popolo di diseredati e di novizi, privi della minima idea della sporcizia che vogliono combattere e cui vanno incontro come facili cavie, presto imbarcate sulla stessa arca di prima, da dove avranno gettato in mare i loro predecessori…
E te, caro il mio scemo, sei il portabandiera di tutti costoro, sei il novello Noè, che si salva da una Gomorra per fondarne una nuova e diventarne re. Ami troppo te stesso, nevvero?, per volere sinceramente l’ideale. L’unico ideale è il grillo, no? Il grillo pontifex, che straparla, arringa, denigra… e non ascolta mai.
Tra i “vecchi compagni” dell’Aut Op, quanti grilli non si contavano, quanti gesucristi arrembanti, armati di “dialettica marxista” e quindi onnisapienti, che volevano rifondare la realtà (che giudicavano magistralmente alla luce della loro luminosa dottrina), trovandolo iniqua e ingiusta e l’avrebbero disarticolata, l’avrebbero abbattuta in nome della FELICITÀ delle MASSE del PROLETARIATO… mi fai pensare a loro, scemo. O al drappello di vecchi scimuniti brigatisti, in lacrime davanti alla bara di un loro commilitone, straccioni falliti, con tutta la loro onniscienza, a riesumare i lugubri slogan di una remota era geologica. 
Il mondo è una lega di birbanti contro le persone dabbene, non lo sapevi?. Lo diceva Leopardi. E in mezzo, tra i due, c’è una riga, un filo sottile diceva Witkiewicz: non appena lo avrai superato sarai tale e quale, come loro. Sta attento, scemo, da quale parte della riga ti stai piazzando… Ma forse lo sai già, no?, tu, Ubu Roi, capocomico e capopopolo. Non è il potere la carta coperta con cui stai vincendo la mano? E se vinci, che te ne frega dell’ideale, no? Chi si crede diverso, è più uguale di tutti. E io non mi fido.

 
 

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