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In riferimento alla poesia di Marika

Il componimento di Marika mi porge l'occasione di fare un po' di chiarezza sulla questione relativa all'uso della punteggiatura in poesia e letteratura, il mio, intendo chiarirlo subito, non vuole essere un dettame ferreo, rigido o una norma indiscutibile, ma piuttosto un parere suffragato da un certa esperienza.  I testi più antichi latini, greci classici e delle altre lingue dell'antichità si scrivevano, generalmente, senza punteggiatura, come, ancora oggi, si vede su i monumenti, pietre miliari e papiri...ecc. ecc. Con il tempo, però, questa consuetudine si trasforma e la punteggiatura diventa aspetto vincolante per ogni tratteggio poetico-letterario,
non per un gusto meramente grammaticale-strutturale-morfologico, ma bensì per un motivo di carattere pratico e realistico. L'uso dei segni grafici [ , ; . : ? ! ] serve a conferire tonalità ed espressione al testo e svolge una funzione pausativa, sintattica ed espressiva. Pertanto, la punteggiatura potrebbe sembrare cosa da poco, in realtà invece è strumento importantissimo per redigere un testo e armonizzarlo. Sia evidente, tuttavia, con questo non intendo affermare che non si possa scrivere senza punteggiatura, perché molti poeti moderni l'hanno fatto [ Eugenio Montale - Salvatore Quasimodo - Giuseppe Ungaretti ], ma come si può notare, i nomi citati appartengono alla creme della nostra letteratura e aggiungo anche che questi poeti hanno generato addirittura una corrente letteraria novecentesca [ ermetismo ], quindi, il mio consiglio è quello, ove sia possibile, di utilizzare la punteggiatura. A questo punto, veniamo alla poesia in questione...Dopo aver letto con attenzione i vari commenti che questi versi di Marika hanno suscitato, intendo apporre pure io il mio modestissimo parere. Il primo aspetto che mi sento di rilevare è quello sulla versificazione, cioè sul gioco che Marika compie intorno alle parole. Si nota, ad una prima lettura, che il componimento verte su una versificazione sciolta, un verso non costretto in una metrica precisa, ma semmai articolato in una trama di temi di profondo registro. Una forma e stile molto personale, le cui volute ci portano in vie poetiche ricolme di aperture...A voler ben guardare, anche il soggetto [ la luna ] rientra di diritto nel novero dei topos letterari più trattati. Nella Letteratura italiana, infatti,  la parola "Luna" appare per la prima volta nel Cantico delle creature di San Francesco:"Laudato sì, mì signore per sora Luna e le stelle; ..." nel 1224. Dante Alighieri dedica alla Luna molte terzine della Commedia e il secondo canto del paradiso è quasi un trattato su di essa. Poi, come non ricordare un frammento di Saffo, ove canta la bellezza della luna, Virgilio [ libro IV enea e didone: pianto di Didone ], Leopardi [ il canto alla luna del pastore errante d'asia - alla luna - ultimo canto di saffo ] Cesare Pavese [ la luna e i falò ] e, infine,  Calvino nelle sue Cosmocomiche di tema lunare, scritte nella prima metà degli anni sessanta. E potrei continuare nelle citazioni. Insomma, il nostro satellite è sempre stato fonte d'ispirazione per elucubrazioni filosofiche, passionali, scientifiche e interiori...Non mi meraviglio, quindi, che Marika abbia posto l'attenzione su un soggetto così pieno di fascino e, ripiegandosi sul proprio animo e interiorizzando, abbia plasmato considerazioni, riflessioni, a volte criptiche, su ciò che la circonda e vive. La cripticità di alcune immagini o pensieri è strettamente legata al linguaggio, all'uso voluto di alcune espressioni a noi incomprensibili, ma enigmatiche solo perché ermetiche...Ecco nuovamente che riappare questo termine e dico non a caso. Ritorna la poesia ermetica. In essa, il linguaggio deve assolutamente essere ridotto all'osso, all'essenziale, è prioritario abolire la normale sintassi, la punteggitura e, particolarmente, è d'uopo utilizzare spessisimo l'anologia, accostando cioè oggetti e situazioni che non hanno alcun, solo apparentemente, senso logico. Il nemico primario della poesia ermetica è la razionalità, proprio perché impedisce all'animo poetico di travalicare ciò che il mondo reale propone. Il testo, il linguaggio, quindi, è un momento d'illuminazione e, conseguentemente, non c'è da meravigliarsi se lo stile è piuttosto vago, difficile e non rispetta  i normali accostamenti logici...Se gli ermetici poetavano così, la ragione la si può rintracciare nel momento storico. In Italia c'era il fascismo e il regime predicava la non cultura. Gli ermetici scelsero d'isolarsi e manifestare la propria opposizione attraverso un totale distacco dalla realtà storica...Questo discorso, così sintetico e non esaustivo, mi porta a ribadire che l'uso della punteggiatura è fondamentale per comprendere ciò che si scrive, ma non disdegno l'esperimentazione...La poesia di Marika mi è piaciuta molto e non ripeterò i consigli che già sono stati esternati nei commenti...Bacio.
 
 

La luna

Luna, ho bisogno di te quando cresci

piena del tuo corpo 

quando conduci l'amore sul mio viso

bagni di cielo di anime e sale

che si spegne davanti a fortini fuoco

occhi di madre imperiale

confondi le stelle con la luce denigrata

ti sciogli come raggio 

entri nell'acqua

e ti rifrangi mostrando l'angolo acuto 

ti mostri grossa forte ben definita

da quell'ombra di cielo terso

che alle tue spalle svanisce

ti guardano servi con i miei occhi

fatti di fiocchi e perle

schiere di merce e perdono

Luna che in me affondi anime

mi fermi lungo il cammino

non alterarti se mi rivolgo alle stelle

hanno braccia spaziose

mentre tu siedi accanto

e me le fai immaginare

Luna, piena di fabule e paure

che mi condanni

a giri di fato e danze 

non impallidirmi in viso

ché la luce è pena

e la vita riprende.

 
Marika

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