Scritto da © Manuela Verbasi - Mar, 01/12/2015 - 13:15
Tratto da una storia vera
Di una cosa sono certa.
Di amare profondamente quelle mamme e quei papà capaci di comprendere fino a che punto una giraffa, un topo, un orso, un gatto, un cagnolino, un topino di qualsiasi materiale sia - pezza, stoffa, peluch - non sia per il/la loro bambino/a solo un capriccio.
Li amo tutti questi genitori. Indistintamente.
Quando li vedo affannarsi sui gruppi di vendite o regalo con la foto di quell’orsetto cui mancava un occhio, di quel topino con la coda un po’scucita e il braccino con una pezza, di quelal giraffa con il collo sbilenco per le quotidiane effusioni e perché “non se ne separava mai neanche per dormire”.
Li amo, questi genitori strappati all’adultità delle “cose serie”, quando li vedo cercare oggetti d’amore che non troveranno mai uguali.
Ci provano perché “il loro bambino non dorme più; la loro bimba non mangia più”.
Loro neanche lontanamente immaginano che a fare di quell’orsetto QUELL’orsetto, di quel topino QUEL topino è l’odore di cura e attenzione che ogni bambino vi ha impresso sopra. Nella riconoscibilità olfattiva che è, e si declina con la parola CASA.
Un ponte tra me e non me che sta a metà. Tra gioco ed esplorazione. Un concentrato di rappresentazioni affettive e lenti per guardare come è fatto il mondo e quanto può far bene. E quanto può far male. Se il bambino sta male anche l’orsetto avrà il suo termometro. Se la bambina si è sbucciata il ginocchio si può stare stra-tranquilli che anche anche il topino avrà il disinfettante che brucia e il suo cerotto.
E guariranno insieme.
Così come insieme, magicamente, si erano ammalati.
Per questo non possono stare separati.
Per questo l’eventuale elaborazione del primo vero, grande lutto richiede fantasia e pazienza.
Per questo nessun oggetto d’amore d’amore ritrovato sarà mai lo stesso.
I bambini tutto questo lo sentono. I genitori spesso no.
Anche per questo li amo. Quando pensano di sostituire, di notte, una cosa con un’altra.
Invece di insegnare che ogni cosa fa il suo viaggio e poi ne arriva un’altra.
Che può essere meravigliosamente bella.
Di amare profondamente quelle mamme e quei papà capaci di comprendere fino a che punto una giraffa, un topo, un orso, un gatto, un cagnolino, un topino di qualsiasi materiale sia - pezza, stoffa, peluch - non sia per il/la loro bambino/a solo un capriccio.
Li amo tutti questi genitori. Indistintamente.
Quando li vedo affannarsi sui gruppi di vendite o regalo con la foto di quell’orsetto cui mancava un occhio, di quel topino con la coda un po’scucita e il braccino con una pezza, di quelal giraffa con il collo sbilenco per le quotidiane effusioni e perché “non se ne separava mai neanche per dormire”.
Li amo, questi genitori strappati all’adultità delle “cose serie”, quando li vedo cercare oggetti d’amore che non troveranno mai uguali.
Ci provano perché “il loro bambino non dorme più; la loro bimba non mangia più”.
Loro neanche lontanamente immaginano che a fare di quell’orsetto QUELL’orsetto, di quel topino QUEL topino è l’odore di cura e attenzione che ogni bambino vi ha impresso sopra. Nella riconoscibilità olfattiva che è, e si declina con la parola CASA.
Un ponte tra me e non me che sta a metà. Tra gioco ed esplorazione. Un concentrato di rappresentazioni affettive e lenti per guardare come è fatto il mondo e quanto può far bene. E quanto può far male. Se il bambino sta male anche l’orsetto avrà il suo termometro. Se la bambina si è sbucciata il ginocchio si può stare stra-tranquilli che anche anche il topino avrà il disinfettante che brucia e il suo cerotto.
E guariranno insieme.
Così come insieme, magicamente, si erano ammalati.
Per questo non possono stare separati.
Per questo l’eventuale elaborazione del primo vero, grande lutto richiede fantasia e pazienza.
Per questo nessun oggetto d’amore d’amore ritrovato sarà mai lo stesso.
I bambini tutto questo lo sentono. I genitori spesso no.
Anche per questo li amo. Quando pensano di sostituire, di notte, una cosa con un’altra.
Invece di insegnare che ogni cosa fa il suo viaggio e poi ne arriva un’altra.
Che può essere meravigliosamente bella.