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Sul perché la poesia deve uscire dalle accademie, ormai virtuali, ed entrare nei supermercati

 

Nonostante gli sforzi compiuti dall'alfabetizzazione di massa, mal riuscita in verità;

nonostante che i movimenti culturali degli anni sessanta, settanta e ottanta abbiano contribuito, soprattutto grazie al florilegio di cantautori, alla diffusione della parola poetica.

La poesia rimane ancora un parlar tra pochi e spesso gli stessi pochi sono a loro volta autori.

Grazie alla rete si è potuto dare visibilità a tutti i ciechi poeti, tanti in verità, che abitano la nostra terra, da sempre prolifica madre.

Ma questi blog e siti di ogni genere non servono ad altro che a citarci addosso, a farci complimenti e quasi mai critiche sensate; al massimo sono utili ai procacciatori di sogni, le piccole case editrici, che cercano polli da spennare, contando sulla conosciuta stoltezza degli artisti o presunti tali.

Questi siti diventano a lungo andare l'equivalente delle vecchie accademie letterarie, luoghi a volte ipocriti, dove si espone molto e si costruisce assai poco.

Quel che viene da chiedersi, dopo aver girovagato tra scritti di autori dalle età più disparate, provenienti da ogni parte dell'Italia, ma nel 2012 a quale corrente letteraria appartengono tutte queste milioni di lettere?

Guardandoci dentro in una retrospettiva storica, senza essere accademici, perché tal non sono, ci sono diverse analogie di pensiero e di turbamenti politici, che ad ogni cambio di secolo hanno condizionato e indirizzato il mondo dell'arte e ovviamente le correnti letterarie.

In quale corrente letteraria si riconoscono tutti questi poeti, tra cui indegnamente mi annovero?

Noi chi siamo? Siamo poeti perché ci piangiamo addosso il nostro avvilimento? Oppure siamo poeti perché crediamo che la poesia possa tornare ad essere amata e sublimata, così come avveniva in ere passate? Ma se crediamo che la poesia debba assurgere al ruolo che fu suo, dobbiamo comprendere che è necessario strapparla dalle teche sacre, perché tali sono i libri di poesia, immensamente amati da me e da pochi altri ma decisamente ignorati dalla massa di uomini e donne.

E' ora di portare la poesia in mezzo alla strada, dentro ai supermercati, tra le orde di donne affamate di vestiti firmati da cinesi imbroglioni.

Perché la poesia ha il potere di entrare nella mente con la sottigliezza di un ago, che nasconde, nella sua invisibile siringa, una potente e micidiale droga, l'unica in grado di accendere le menti, di infervorare i cuori.

La fiducia è un concetto ridotto a pezzi; le unghie e i denti sono le vere armi che un cittadino deve usare per difendersi. Chi non le ha soccombe.....

Ma non ci distinguevamo dal resto del regno animale?

E se ci distinguevamo...in cosa se non nell'Arte?

Ecco dove il discorso politico si interseca con quello artistico in genere.

L' Arte apre la mente e aprire le menti vuol dire rimuovere la polvere dell'ipocrisia. Una volta sgombro, il cervello può riprendere a funzionare a trecentosessanta gradi e il bisogno di consapevolezza identifica un popolo evoluto, che sa guardare in avanti senza dimenticare ieri.

 

La poesia oggi può riappropriarsi di un ruolo sociale e di comunicazione dal quale è stata estraniata ed emarginata dall'esasperato intellettualismo borghese. Stendendosi con il suo sguardo languido, tra gli scaffali del supermercato, tra i banchi del mercato rionale, la poesia si umanizza e si trasmette, senza muffire in librerie prima e su banchetti di disperati mercatini dell'usato poi.

 

Il poeta canta le melodie del suo animo ma il suo animo alberga in un corpo che vive in un paese

ancora profondamente rozzo e ignorante, incapace di pensare, che si droga di potere e di bisogni indotti, che spezza le ali ai suoi piccoli ancor prima che provino a volare.

 

 

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