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Perché non deve esserci vincolo di mandato per i parlamentari

L'Articolo 67 della Costituzione della Repubblica italiana recita:
 
« Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato.»
 
Perché "nella quasi totalità delle democrazie rappresentative" - come recita Wikipedia - i parlamentari sono eletti senza vincolo di mandato?
 
Pensateci.
 
Mettiamo che la dirigenza di un partito scelga, attraverso i metodi che gli sono propri (comitato centrale, direzione, assemblea, voto on line o quant'altro), di proporre un condono tombale, o ancora, che so, leggi razziali, una amnistia per i delitti mafiosi, la soppressione di tutti (gli altri) partiti politici, il burka per le donne. Al parlamentare che, in un soprassalto di dignità votasse contro la volontà del suo partito dovremmo imporre per legge di dimettersi, perché sarebbe un voltagabbana? 
 
Davvero dobbiamo credere che non succederà mai che qualcuno proponga cose di questo tipo?
 
Consiglierei a tutti gli apprendisti stregoni di andarci cauti a toccare i principi base della democrazia rappresentativa. Non so se temere più la malafede o l'ignoranza.
 
 
Franca Figliolini
 
 
Riporto di seguito, per completezza, la voce relativa all'art. 67 della Costituzione di Wikipedia:
 
«Questo articolo della Costituzione italiana fu scritto e concepito per garantire la libertà più assoluta ai membri del Parlamento italianoeletti alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica. In altre parole per garantire la democrazia i costituenti ritennero opportuno che ogni singolo parlamentare non fosse vincolato da alcun mandato né verso il partito cui apparteneva quando si era candidato, né verso il programma elettorale, né verso gli elettori che, votandolo, gli permisero di essere eletto ad una delle Camere. Una tale norma non è una esclusiva della costituzione italiana, ma è comune alla quasi totalità delle democrazie rappresentative. Essa deriva dal principio del libero mandato (ovvero del divieto di mandato imperativo), formulato da Edmund Burke già prima della Rivoluzione Francese: "Il parlamento non è un congresso di ambasciatori di opposti e ostili interessi, interessi che ciascuno deve tutelare come agente o avvocato; il parlamento è assemblea deliberante di una nazione, con un solo interesse, quello dell'intero, dove non dovrebbero essere di guida interessi e pregiudizi locali, ma il bene generale"[1]. Il principio fu poi ulteriormente elaborato da Emmanuel Joseph Sieyès, e venne inserito nella Costituzione francese del 1791: "I rappresentanti eletti nei dipartimenti non saranno rappresentanti di un dipartimento particolare, ma della nazione intera, e non potrà essere conferito loro alcun mandato"[2]. Una norma simile era presente anche nello Statuto Albertino: "I Deputati rappresentano la Nazione in generale, e non le sole provincie in cui furono eletti. Nessun mandato imperativo può loro darsi dagli Elettori"[3].
 
I deputati, dunque, esercitano la rappresentanza della intera Nazione e non dei singoli cittadini, ed ancor meno dei partiti, delle alleanze, dei movimenti o qualsiasi altra forma d’associazione organizzata con il fine di ottenere voti per essere eletti membri del Parlamento italiano. L'assenza di vincolo di mandato rende legittimo per i parlamentari il passaggio ad un gruppo parlamentare diverso da quello originario, relativo alla lista di elezione. L'opportunità di questo tipo di scelta è tuttavia vivacemente discussa tra i commentatori politici[4]. Per esempio, tale facoltà è stata ripetutamente sfruttata nella XVI legislatura, sfociando in veri e propri casi di trasformismo politico[5].Giovanni Sartori, per contro, sostiene che la causa dei ribaltoni non sia affatto l'articolo 67 della Costituzione, ma piuttosto una pessima legge elettorale[6]. Altri commentatori rilevano come il principio originario del libero mandato tuteli il parlamento dal giogo dei partiti, mentre la Legge Calderoli di fatto lo aggira, permettendo alle segreterie di partito di controllare i deputati e i senatori tramite la minaccia delle non rielezione[7].»
 

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