Scritto da © redazione - Lun, 01/08/2011 - 09:41
Da un commento di Franz, abbiamo estrapolato questi suoi pensieri.
"mi trovo a disagio quando, in una poesia, non capisco non dico tutti, ma "quasi tutti" i passaggi e le metafore. Particolarmente a disagio quando queste si accavallano senza apparente connessione. Ricordo che questo è l'effetto che mi fecero a suo tempo le prime canzoni di De Gregori; poi con gli anni mi ci sono abituato, ma è sempre quando "colgo l'illuminazione" (il significato recondito e non immediatamente apparente) che ho la sensazione di poesia.
Eppure devo ammettere che questa profusione o accavallamento di metafore è diventata sempre più comune nelle "poesie" che mi capita di leggere ultimamente. Il forzare un significato, ossia usare una parola in un'accezione o ambito incongruo, è (secondo me) fonte di poesia quando lascia trasparire la famosa "illuminazione" (cioè un messaggio, un punto di vista, un'esperienza), ma è fonte di stanchezza quando appare (anche senza magari esserlo) gratuita. In questo senso si potrebbe parlare perfino di "manierismo".
Nota:
Nei post con titolo "L'opinione", che pubblicheremo su L'Agorà del sito,
vi chiediamo, se vi va di farlo, di esprimervi relativamente agli stessi, provando ad andare a fondo, evitando il commento buonista ad ogni costo, spesso segno che ci si ferma alla crosta di ciò che si legge e sostanzialmente inutile al dibattito. Provate ad esempio, a non esser sempre d'accordo su tutto, ne avete facoltà.
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