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Benvenuti a Zurigo

28.10.2014
"Il Canton Zurigo ha deciso di togliere l'assegno di assistenza  a chi possiede un veicolo". 
Questo sui giornali di oggi. Mentre ero laggiù ancora ieri. l’altro.
Ecco, non che sia qualcosa di così stringente da mettercisi sopra a riflettere. Tuttavia, mostra aspetti di quella città non trascurabili e per me un pochino intriganti.
Zurigo è  inospitale. Quando ci arrivi sei cacciato in un labirinto regolamentario inflessibile, quasi ottuso nella sua ostinata brama di perbenismo, di “mettere le cose a posto”. La vita viene incassata in un tran-tran senza remissione, ove il malcapitato dimorante non si permette la minima “ricreazione”, vivendo lui stesso come il guardiano di lui stesso. La città “pulita” è pura apparenza e all’apparenza è essa dedita con tutte le sue  risorse. Nascondere la “Fat-city” che si cela nelle sue viscere, è questo l’unico obiettivo di tanta abnegazione. Una abnegazione che si cangia in furore (pseudo-) morale e che vorrebbe emendare ogni piccolo passo che chiunque compie al suo interno.
Si percepisce così il tono inquisitorio di una presunzione di pulizia e ordine morale che di vero ci ha solo la presunzione, perché significa sempre che là è meglio. Per esempio che Zurigo sia meglio di analoghe metropoli che consentono invece il degrado e la corruzione. No, Zurigo è pulitina e ordinata nel traffico e nell’aspetto, nell’amministrazione e nella convivenza civile. Una convivenza di schiavi che debbono solo obbedire- schiavi del despota ficcato fra le loro meningi. Un autentico auto-crate.     .
Questo non  vuol dire che sia una città di monache e verginelle. Al contrario, tanto è l’accanimento della censoria morale pubblica, che il suo estremismo “perbene” finisce per rovesciarsi in un estremismo opposto che gioca alla depravazione. Così, la “città delle puttane” è organizzata ed efficiente come un’azienda alberghiera. Vi si trovano persino dei “rifugi”, modello garage coperto, ove appartarsi in parcheggio (ovviamente a pagamento) con dame a pagamento, nelle lussuose Volvo, o Mercedes, di cui la città pullula. Tutto pulito, tutto sotto sorveglianza, tutto pagato, iva compresa. La “città dell’eroina” per contro non è più ammessa: si vedeva troppo, e anche spostandola in periferia, finiva per attrarre i media e quindi apparire in prima pagina. La via zurighese alla soluzione del problema del degrado cittadino: non si deve vedere. La febbre morale colpisce indiscriminatamente. Con questa sola eccezione: fare i soldi, non importa come, è sempre morale. Non importa la cementificazione, lo sradicamento della storia, la cacciata dei meno abbienti dai luoghi d’interesse lucrativo. Dio è un biscazziere e Zurigo il suo zelante tirapiedi. Ma è Dio ed esige il suo decoro. Come una gigantesca reggia mafiosa, Zurigo risplende nel suo lusso tanghero, felice di sé e del suo ordine claustrofobico.
Siamo così giunti all’articolo di apertura: l’amministrazione, ovviamente di destra, punisce i disoccupati e di massima i non-zurighesi più poveri, “rei” di possedere un’automobile. Una revanche dei ricchi contro i deboli, un attacco della classe dirigente facoltosa e opulenta ai morti di fame che, anche lì, non mancano. Con questa demoralizzante giustificazione: perché l’amministrazione cittadina deve pagare il “lusso” di possedere un’automobile ai disoccupati? Se possono permettersela, vuol dire che non hanno bisogno. La vendano per mangiare. Qui il qualunquismo è aberrante. È tremendo, è nauseante che la città più ricca del mondo e per di più provveduta di ricchezze più o meno abusive, rigiri l’ago della bilancia morale su “colpevoli” d’occasione, eccentrici, facilmente inquisibili. Ed è persino simbolico l’accanimento sul feticcio tabù dell’automobile. Perché qui siamo al cuore del problema, un problema che investe noi tutti e l’intera civiltà cui apparteniamo. Il disperato, rabbioso fabbisogno di capri espiatori.
La società ha “fame” di colpevoli e di forche cui appenderli. E il meccano della rimozione della responsabilità regna sovrano, in mezzo ai frantumi dell’autocoscienza. Persino colà, a Zurigo, ove per storia, per antropologia, per educazione dovrebbe vigere un concetto etico del lavoro e della responsabilità personale. Al contrario, le autorità fan leva sul senso del dovere “tedesco” per affondare i denti sulla carne del pregiudizio, del pre-giudicato, del “colpevole”. Siccome da qualche parte del comprendonio locale (e svizzero, di conseguenza) alberga il senso di colpa della colpa reale a cui deve la propria ricchezza, Zurigo sposta le lancette di tale termometro, da “banche/segreto” a “automobile/welfare”- per colpire, in luogo della disonestà legalizzata e istituzionalizzata delle banche, invece autisti e disoccupati. Sui quali si devia e si scarica l’attenzione, dando sfogo a quella smania febbrile di moralizzare la pelle della società, invece delle sue abnormi cloache pecuniarie. L’attacco perbenista è violento: non si fonda mai sul senso civico dei cittadini, bensì si contrappone loro con lo Zwang, con la coazione. E siccome il domino assoluto del panorama sociale è saldato al feticcio monetario, lo Zwang si esercita sul portafoglio del contribuente, continuamente colto in fallo e multato per le minime inadempienze. Ecco alcune perle del decalogo zurighese:
In un condominio non si può: fare la doccia dopo le dieci di sera, anche in appartamento di proprietà. Lo scroscio dell’acqua disturba il buon borghese confinante, che domattina scatta in piedi all’alba per l’ufficio. Per lo stesso motivo, non puoi fare la biancheria oltre le dieci. Di solito, c’è una lavanderia comune in cantina- ma non si può usare di domenica: il buon borghese dimorante riposa, la domenica. In ogni palazzo c’è appeso un severo regolamento e c’è un amministratore implacabile. Chi sbaglia viene immediatamente redarguito.
A Zurigo non si può parcheggiare un’automobile in nessun luogo. Chi v’invita deve provvedere a trovare alloggio alla macchina, oltre che a voi, sennò andate in treno (è meglio). Il massimo del parcheggio concesso è di un’ora e mezza (strisce blu), o due ore a pagamento (bianche). Questo vale anche all’estrema periferia: in nessun punto cittadino un visitatore è autorizzato a lasciare un’automobile parcheggiata per  diverse ore (salvo la domenica, già). Solerti funzionari, di solito pensionati vigili-aggiunti, vi multano alla minima inosservanza. Altrimenti si può pagare, carissimo, nei parcheggi sotterranei, in centro, oppure andare in Comune e pagare per un permesso di uno o più giorni, sempre profumatamente. Il concetto è quello di “scoraggiare” il traffico, il che, siccome non avviene, è in sé fallimentare.
Per lo stesso motivo, scoraggiare il traffico, attraversare Zurigo in auto è un inferno. Ogni angolo, ogni vicolo, ogni piccolo incrocio è ostacolato da semafori o divieti che ostruiscono continuamente la viabilità. L’intera topografia cittadina è disseminata di radar spietati, che scattano non appena superata la soglia di ciò che chiamano “tolleranza”, cioè tre Km. sopra il limite di velocità. Limiti che si accavallano ossessivamente anche lungo i Transit, vie veloci autostradali che attraversano la city. È pressoché impossibile sfuggirvi sempre, per gli abitanti. Su un tratto di tre Km. ne sono stati contati dodici.
È assolutamente vietato imbrattare i muri con scritte e graffiti. Un ragazzino di 15 anni, pizzicato a graffitare la vetrina di una banca (obbrobrio: il sacrario della svizzeritudine!) e per di più con una scritta politica, viene “assicurato alla giustizia”, dopo faticosa ricerca, e sbattuto in carcere due settimane. In isolamento: i genitori non possono vederlo. Un anno dopo il rinvio a giudizio, c’è il processo, ove viene condannato con la condizionale. Esce, ma rimarrà il marchio per sempre (storia vera). La “pelle” della città ha da essere pulita. Lo sporco è dentro, impercettibile.
Ovvio: lo smaltimento dei rifiuti è severamente regolamentato. Come accade oramai un po’ dappertutto in Europa, ogni casa è munita di diversi raccoglitori per diversi rifiuti. Sui cassettoni in istrada è scritto “Nur Züri-Sack”, “solo sacchi di Zurigo”, che potete comodamente trovare a prezzi da orefici in qualunque supermercato. Ogni cassettone è strettamente rionale. Guai a chi sgarra.

Ora, queste norme, se anche non tutte, in sé sarebbero sacrosante. Per esempio, il problema del traffico e quello dello smaltimento dei rifiuti, è qualcosa che ha oramai invaso e abbrutito le nostre coesistenze cittadine. Sono problemi complessi e non c per caso si interpellano sociologi e persino antropologi per cercare di capire come si articolano e come affrontarli. È la ristrettezza mentale della loro applicazione autoritaria che rende questa città veramente “attraente” per la sua unicità. E il bello è che viene sovente presa a modello, specialmente all’estero e da chi non ne sa nulla, quale  esempio di virtù e di senso civico. Ma se il nostro senso civico dovrà davvero ridursi solo al terrore delle repressione poliziesca, alla civiltà tout court  non ci arriveremo mai.
 
 

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