Scritto da © Pinotota - Mer, 05/10/2011 - 14:18
Negli anni del dopoguerra, quelli che si spingevano fino agli albori del boom economico, la società dei consumi che pure cominciava a mostrarsi all'orizzonte, era ancora abbastanza lontana da lasciare spazio ad una voglia di vivere e divertirsi che chiedeva poco per realizzarsi. Per i più piccoli non servivano nemmeno giocattoli, bastava la fantasia per rendere tale ogni oggetto di uso quotidiano.
Tra i più gettonati le biciclette. Qualche difficoltà a trovare il punto di equilibrio, qualche ginocchio sbucciato, ma poi via,a far gare con tutto, pure con il vento se fosse stato possibile.
Anche chi aveva qualche anno in più manteneva questa straordinaria capacità di divertirsi con poco. Trovarsi in compagnia, con gli amici, era sufficiente. Non occorrevano grandi spostamenti, viaggi, discoteche. Un prato verde era sufficiente, un argine con un piccolo corso d'acqua a movimentare il panorama già era un evento straordinario. Una comunità che non aveva cominciato a sentire nella sua algida fragranza l'atomizzazione portata dal benessere economico trovava in una gita fuori porta, in un pic nic sui monti, in un qualsiasi posto diverso dal cortile di casa o dal pianerottolo dell'appartamento l'occasione per aneddoti le cui variazioni sarebbero continuate per settimane, mesi, con punte di anni nel caso di situazioni particolarmente originali. Quando poi per un qualche motivo in una casa avesse fatto la sua comparsa un mezzo meccanico, la gioia e l'orgoglio si tagliavano con il coltello. In questi casi il divertimento era salirvi sopra e girare: un misto di ebbrezza per la novità e di narcisistico piacere nel venire seguiti con lo sguardo che non si poteva immaginare se non grondante invidia. L'auto era una rarità e chi la possedeva in genere subiva una metamorfosi che lo portava a sublimare gli stati d'animo appena citati in comportamenti sobri e distaccati. Ci si trovava immediatamente davanti ad un"signore".
Lo aveva ben capito il Leopardi,che il piacere,persino la felicità è una pausa in mezzo alle difficoltà.La qual cosa è meno terribile di quanto possa,a tutta prima,sembrare.Un esempio lo abbiamo proprio in quegli anni che le foto ogni tanto ci riportano alla memoria. Anni nel quale non era ancora accaduto il capovolgimento della verità del poeta di Recanati per cui sarebbe stata la sofferenza ad apparire nelle pause- rare di una società del benessere- di una persistente felicità.
Tra gli anni Cinquanta e Sessanta era ancora possibile fare di un viaggio- appena fuori casa si direbbe oggi- un evento che avrebbe segnato buona parte se non tutta la giovinezza.Bastava andare a Venezia, per esempio. Venezia, una città sul mare. Vicina, eppure lontana. lontana sopratutto mentalmente, con case,gente, idiomi diversi. Le gondole, mai viste; i vaporetti, mai presi; quei campielli, quell' acqua, l'odore dell'aria che non sapeva di campagna ma di mare. Un evento da abito della festa.
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