Scritto da © Mariagrazia Tum... - Mer, 25/01/2012 - 12:06
il 27 gennaio di 67 anni fa si aprirono i cancelli di Auschwitz, non per un repentino cambio d'umore di coloro che concertarono e portarono a compimento uno tra i massacri che la storia ricorderà come il più infimo e il più atroce che si sia consumato ad opera di cittadini inermi e innocenti, ma perché, ed erano più che maturi i tempi, dopo l'imperversare di una barbarie condotta con lucido piglio criminale e ferrea volontà omicida, le nazioni alleate si distinsero con un atto simbolico e concreto degno d'esser annoverato tra gli annali della nostra epopea moderna; varcarano, le truppe russe, a mattino inoltrato, quel campo famigerato, che inghiottì nelle sue strette maglie burocratico-organizzativo migliaia di bambini, donne e uomini senz'altra colpa c he quella di recare il marchio di un'identità non gradita, scelleratamente considerata infamante da quell'ideologia nazionalsocialista che il mondo avrebbe avuto modo di conoscere per le vigliacche operazioni di sterminio immotivato e di matrice fortemente reazionaria, con il solo folle scopo di raggiungere il predominio incontrastato dell'Europa inerme; vi trovarono sparuti gruppi di persone, che il caso, la fortuna, il destino riuscì a sottrarre alla cupa violenza di orde di barbari impazziti; perlopiù persone senza più nulla, perduti i parenti prossimi, dissolta speranza di un domani diverso che lavasse via, ma non sarebbe stato mai veramente possibile, quel disastro umano che aveva preso a circolare senza ragione per più di un decennio nel nostro continente; liberi, molti non hanno retto al peso del passato e si sono dati alla morte, quasi come logica conseguenza della privazione della dignità della vita cui erano stati quasi impunemente condotti, altri hanno ripreso la loro esistenza di prima, gravata "solo" dal macigno al cuore d'aver vissuto un'esperienza umana che nemmeno la fine dell'esistenza avrebbe potuto eguagliare per intensità di dolore avvertito e pena esperita.
Alcuni, come Levi e molti altri, ci hanno lasciato pagine di memoria ineguagliabili, intrise di esperienze che il passare del tempo non potrà scalfire, nemmeno se a imperversare sul nostro oggi fosse la medesima foga di quel vento che più volte ad Auschwitz si abbattè, quasi a voler lavar via il peso dell'ombra di mani impavide che s'attaccavano alla leva del gas per imputridire i corpi di essere umani ridotti al silenzio estremo, e pareva facessero a gara per riportare il primato dell'orrore, nella conta allucinata del numero di cadaveri che riuscivano a contendere a mani alleate.
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