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blog di Anser

I tuoi sorrisi (parentesi di stupore nell'insondabile nulla)

Tra i tuoi sorrisi
intravedo un insondabile nulla
che si attarda
al ciglio della notte.
Come un delirio
che coglie nella notte
ignari cacciatori di sogni.
 
Come il fiume
che divide la valle
in rive aliene
opposte e capovolte,
un orgasmo che scivola
lentamente
in un pigro sonno.
 
Le pietre sono incise
da mani incerte in segni,
per spiegare il nero
della notte e del mare,
per ascoltare il silenzio,
il grido di notti antiche,
le scorie del tempo.
 
Ma i tuoi sorrisi
sono parentesi di stupore
appese a costellazioni
dimenticate,
sono rebus irrisolti
incroci di pensieri
senza soluzioni.
 
E la musica sale
in spirali lenti e tenui
a cogliere il senso smarrito
e la bussola ferita
di questa giostra,
calda e feroce,
di quest'oggi
incatramato.
---

Occitania (e rimane un campo di ortiche)

E' terra violentata, questa.
Nuda, grigia terra di roccia
aggrappata
con artigli d'aquila
a cielo. A neve.
Spavento di montagne,
suoni d'altri uomini
che furono risate,
amore.
 
Pietre su pietre
-che pure erano case e vita-
inerti al salire
di spine e nebbia.
Abbandoni di suoni,
ghironde senza corde
appoggiate
al tenue odore
del pane sfornato.
 
Non rimane scopo
o memoria,
soltanto segni
tracciati su rocce
da mani antiche.
 
(come estrema parola,
gesto d'inutile difesa)
 
Solo questo silenzio
che urla
-nel liquido dell'aria
fredda di gennaio-
al dio lontano
di quelle inutili stelle.
 
Non giocano più
i bambini in quei cortili
che ora sono
un desolato
campo d'ortiche.

E poi, infine, come segno di stelle

Quante strade si sciolgono
a ritmi di traversine d’acciaio
(legate a soffi di mercurio,
come rivoli di malinconia)
ed ogni sguardo, rivolto ad est
è presagio e dubbio.
E’ misura d’uomo
di donna, d’amore.
 
E le attese sono spazi
(dilatati nel calore furibondo
di fosforo e guerra)
riempiti da impercettibili
respiri, acini d’uva
e sangue rosso, di vino,
di malerba, di malaspina.
 
Gli occhi si posano
(come laser accecati
da pillole d’acido e miele)
su ogni minuscolo, ripetuto
dettaglio di cifra,
su ogni fianco scoperto
-tra ventre e seni-
su ogni bocca spalancata
per una carezza oscena.
 
Lingue attorcigliate
(a togliere fiato e ricordo
per mietere ogni spasimo)
d’ogni minuscolo orgasmo
trascinato e lento,
ripetuto in ogni gemito
che scrosta, esausto,
ogni polline di luna.
 
E poi, infine, come segno di stelle,
questa pace che asciuga
con immeritata pietà
ogni parola,

Il mio orologio non ha la lancetta degli anni (e il nostromo sfiletta meduse mentre danzi nuda alla luna)

Rotte di navi tracciate.
Scampoli di naftalina
lungo il tropico del Cancro
non importa se domani si farà burrasca.
No, non importa davvero
ridere o piangere. Cantare.
Sogni di ceramica appesi
ai muri scrostati, al fumo nero di ciminiera,
a questo mare di petrolio
dove il tempo si clona
in imperturbabili domani.
 
“Passami le sigarette, per cortesia”
chiedi tra un toast e la cocaina,
cantando cuccuruccucù paloma
con i seni al vento e un sorriso
incrociato al sapore dell’aurora.

Avrò sempre quel bacio ancora da dare (e negli occhi un leggero volo d'aquilone)

Non sono le parole che scrivo
o coriandolo nel vento
-trascinato in spirali e soffi-
con mani troppo pesanti
per poggiare carezze
senza fare male.
 
Non sono mai cio’ che sono
-o soltanto una sospensione d’idee-
ma il contrario, ciondolante,
d’ogni intenzione capovolta
se rido piango, se parlo
è il silenzio
l’ultima aggredita ragione.
 
Ogni giorno, ogni respiro
ha una sua trappola precisa
-un inciampo di senso, balbettio-
e sono misura
d’ogni battito d’ali
ogni schianto d’albero
nel cuore di dio.
 
Non cercatemi tra la folla
-sudata, appiccicata, sorridente-
a versare mimose e baci perugina
lasciatemi qui
come un fastidioso
punzecchio di zanzara.
 
Avrò sempre,
quel bacio ancora da dare
e negli occhi
-uno grigio e uno blu-
un leggero volo
d’aquilone.

Hai per caso l'e-mail di dio? (e sono parole, queste, quasi d'amore)

«Hai per caso l’e-mail di dio?»
e ti guardavo oltre il velo
di riflessi, amalgamati sul fiume.
Che scorre malgrado ogni gesto
-ed ogni pensiero di silenzio-
e francamente se ne fotte
di questo batticuore.
 
Sapessi distinguere
-per incidente di distrazione-
ogni bacio da quello prima
metterei in fila parchimetri e comete,
questo rumore d’auto e catrame
che copre il tuo respiro.
 
«Quale silenzio tra due silenzi
ha il rumore del mare?»
chiedevi senza riflessi d’onda
e i gabbiani erano arancioni
nonostante ogni bianco di neve.
 
Contavo soldini di pensieri
che scioglievano ipotenuse di sorrisi
-ogni estremo si tocca
nell’angolo acuto del cielo-
e poi, in fondo, eri soltanto tu
le luci accese un segno,
una intuizione di Vincent.
 
«Pure ci sarà, in qualche luogo
un altro mare, come parola di Hikmet»
tracimato da ingorghi
di semafori e sangue,
una pausa di calma
in questi giorni di vento,
d’immoto stupore.
 

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