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Sei, siete...

 
Siete nel verso d'un gabbiano
che dalla costa voli fino a me;
nelle foglie d'ulivo mi siete
che la corrente blanda
a pelo d'acqua culla,
incantandomi coll'essermi voi
terra promessa: ci penserete
mi penserete alata, fremente
donandomi tremiti sulla coffa
che mi danzate intorno riflesso
d'un sole auspicato lucore
... Come si fa che vorrei darti del"tu"
ed invece mi ritrovo a darti del"voi"?
Sprofondato nell'abisso, romantico
distacco, costretto ad impormelo
mi vedo quel "tu" non sentito
ch'è notte di plenilunio e sapere vorrei
cosa vorrebbe sentirsi dire da me
che già truccioli di plancton
carboni sfavillanti sull'oceano
sdrucciolante lumescenza, non le dicano
fino a lei volando, luna in cielo rossa
rugata di nubi narcisa.
Forse, anche tu querula, vorresti
estorcermi quelle due parole due
messe in croce e portate a spalla
per mille vite: via crucis sempiterno
pur di non pronunciarle
se non nel segreto d'una lacrima
per quanto arrotato a dura ammissione
di una resa inammissibile per bocca
che sappia d'acqua salata
dell'annegare d'ogni giorno
... Ma tu non sei la luna, vero?
Anzi d'un gabbiano mi sei nel verso
che dalla costa voli fino a me:
nelle foglie d'ulivo mi sei
l'argento novello librante su mare
a pelle incanto d'essermi tu
terra promessa. Ci penserai
mi penserai, con ali sfarfallante
clamore intorno, riflesso
d'un faro agognato nitore.

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