Scritto da © Andrea Occhi - Mer, 04/01/2012 - 08:42
Sono uno dei tanti. Mi puoi vedere come e quando vuoi: la mia testolina si erge curiosa tra fili d'erba ed escrementi fertilizzanti azotati. Mi piace il mio spazio. E' fresco, colorato e rotondo, come un hula-hop. Un cartello conficcato tra spine di amorevoli rose gialle, intima, con gentilezza: "Si prega di non calpestare l'aiuola". E' semplice, comprensibile. Tuttavia, le tue mani con le unghie del colore delle rose, spinte dal desiderio, hanno raggiunto il mio stelo e, con un colpo secco, come una piacevole frustata, mi hanno colto, estirpandomi dal mio mondo di leggerezza vegetale. Hai insinuato il mio profumo nell'incavo del tuo seno, volgarmente nudo, e hai conficcato il mio piede in un'orribile e spugnosa umidità. Da qualche tempo i miei petali hanno smarrito la loro turgidità e tu, annoiata, sei tornata alla mia origine, per cogliere un altro fiore, simile a me. Non sono geloso. E' nella mia natura essere effimero, ne sono consapevole, e la mia transitorietà è il dono più prezioso che posso porgerti. Anche se vorrei che fosse per sempre.
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