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Giochi di ragazzi negli anni cinquanta

Negli anni cinquanta, appena usciti dalla guerra e con tutte le ferite ancora aperte, noi ragazzini, a differenza di quelli annoiati di questi tempi, non avevamo molte possibilità di svago ma, in compenso non ci mancava la fantasia e ci si inventava di tutto.
Io poi avevo la fortuna di abitare di fronte alle mura e vicino ai giardinetti di Frà Giocondo.Quindi con spazi aperti e, in quei tempi, liberi ai giochi. Perciò finiti i compiti , con gli amichetti, ci si trovava e allora bastava qualcosa di rotondo, anche se fatto di pezza, a trasformarci in calciatori.
Quante partite giocate in quei campetti. Tutti ci sentivamo dei campioncini in erba, pronti a fare la nostra nazionale per sfidare quella di un rione vicino, costringendo le mamme a fare delle improbabili magliette uguali. Con tanto di numeri. Poi quando si giocava, l’orecchio era sempre teso ad ascoltare il classico rumore della Guzzi del vigile urbano, che era pronto a sequestrarci la palla. Anche allora c’erano i divieti. Ma normalmente riuscivano a farla franca. Perché il rumore era inconfondibile e la sentinella di turno, era pronta a dare l’allarme. Quattro salti dai giardinetti alle mura ed il gioco era fatto. Quando "perdevamo" scattava il sequestro della palla e, quindi la colletta per comperarne un’altra.
Altri giochi interminabili erano quelli con le figurine e con le palline di "fragna" o di vetro. O con i " Giri d’Italia" con i coperchietti delle bottiglie di aranciata, dopo aver fatto la pista togliendo i sassolini dalle mura. Il tempo passava in fretta, incuranti delle grida delle varie mamme che ci invitavano a tornare a casa. Ogni stagione aveva il suo gioco. Il traffico era limitato. Praticamente inesistente.
E nelle dolci sere d’estate la strada veniva trasformata in pista. E ci si misurava in sfide di corsa: 50-100 metri . Oppure per i più resistenti la gara classica era il Giro di Treviso: cinque Km circa. E come non ricordare i tempi passati davanti alla radio del bar a Porta Frà Giocondo in attesa delle radiocronache degli arrivi di tappa del Giro e del Tour. E cosi lotte tra "Bartaliani" e "Coppiani" che sfociavano in interminabili discussioni e con sfide su bici più o meno da corsa.
Ma, forse, anche se il freddo era pungente, il periodo che si aspettava con trepidazione era l’inverno. Ai primi freddi si scrutava il cielo e si chiedeva ai nonni (le previsioni del tempo di cui oggi siamo martellati, praticamente non esistevano) se la neve era pronta a scendere. Difficilmente sbagliavano. E così le rivette delle Mura che si ricoprivano di neve davano la possibilità a tutti di effettuare delle discese: con gli sci per quei pochi che li possedevano, o con degli slittini fatti in casa. Battaglie con le palle di neve nascevano spontanee ma, soprattutto erano destinate alle ragazzine che tornavano da scuola o dalle operaie della Krull che uscivano dal lavoro. Giochi tra la neve. Bagnati e con i vestiti rotti, per la disperazione delle mamme, che si apprestavano subito a rammendarli, dato che non c’erano molti ricambi. Ma felici. Sicuramente felici.
E concludo con una passione non sicuramente da lodare ma che si faceva. La caccia alle lucertole o agli uccellini. Con fionde o floberts (fucili ad aria compressa) per i più fortunati. I territori di caccia erano sempre le mura . Ma onestamente il "bottino" praticamente non c’era mai. Solo qualche sfortunata lucertola. Ma questa attività per me un giorno fini bruscamente. Stavo mirando con un fucile imprestatomi da un amico, quando mi sentii battere la spalla. Quella volta, il solito vigile urbano, mi aveva pizzicato. Il flobert fu sequestrato. Io accompagnato in caserma. Mia madre avvisata si presentò di corsa affannata ed infuriata presso i vigili. Subii, sempre da parte sua, una grande lavata di capo ed un altrettanto grande "castigo". I genitori , negli anni cinquanta, erano piuttosto severi e usavano dei metodi educativi diversi da quelli attuali.
Ovviamente fu la mia ultima "battuta" di caccia.

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