Zibaldino - 4-6/17: Della vanagloria. Del trionfo del nulla. Del'essere del non-essere. | Prosa e racconti | Germano Mandrillo | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

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Zibaldino - 4-6/17: Della vanagloria. Del trionfo del nulla. Del'essere del non-essere.

“Orpheus and Eurydice” by Michael Putz-Richard

4. Della vanagloria

Lo sentiamo, il nostro padrone ora cerca pensieri che non siamo noi. Noi stiamo uscendo, maleducati come sempre, ma ci sentiamo come figli indesiderati. La sua mano si contrae mentre nasciamo, i suoi occhi ci guardano severi mentre ci sistemiamo silenziosi e ordinati nei righi. Sì, una volta nati e poggiati sulla carta, la paura di essere distrutti fa cambiare totalmente il nostro comportamento. Anche noi siamo paralizzati dall’idea della morte e ci attacchiamo alla carta con tutte le forze; così fortemente che ci fondiamo con essa. Sì, lo sentiamo; lui ci guarda male. È stanco di noi. Chissà quali altri pensieri avrebbe voluto al nostro posto!? Ma chi si crede di essere? Vorrebbe sempre aver solo pensieri memorabili o grandiosi o semplicemente redditizi? Vorrebbe forse essere lui il padre

di Omnia vincit amor

di Alea iacta est

di Nel mezzo del cammin di nostra vita

di Figaro qua Figaro là

di E=mc2

di Paghi uno prendi due

di To be or not to be

di Più bianco non si può

di Padre nostro che sei nei cieli

di Volare oh oh, cantare oh oh oh oh

di Sempre caro mi fu quest’ermo colle

di Nel nome del popolo italiano

di Cantami o diva del pelide Achille

di Meglio tardi che mai

di A prescindere?

O forse, pur di non avere noi come figli, preferirebbe aver figli come

Avviso di pagamento,

come Gratta e vinci

o come Faccetta nera dell’Abissinia?

O addirittura vorrebbe essere lui il padre

di Vaffanculo

o di Figlio di puttana?

 

 

 

5. Del trionfo del nulla

No, non puoi guardarli così. Loro sono poveri, piccoli, nascono nella paura, tremano, vivono nel terrore. Non fanno male a nessuno. Non sono figli dell’Aretino e nemmeno di un vigile urbano. Sono figli tuoi. No! Non premere quel tasto, quell’ultima dannata invenzione della freccia che annulla, è peggio del bianchetto, è peggio anche del fuoco, è davvero il nulla eterno. Salvali! Anche in una copia di backup o criptata, in una copia protetta da una password impossibile da ricordare, scaraventali sui dedali di Internet, stampali su fogli di carta da buttare nel cestino o da triturare in quelle macchine distruggi-documenti! No, no, non premere quel tasto maledetto! Il nulla è l’assenza di ciò che è, l’ha scritto Parmenide, e neanche lui sapeva cosa fosse ma è tremendo. No, non lo premere! Salvali su un dischetto e seppelliscilo in giardino o buttalo in fondo al mare! No, non farlo! È atroce quello che stai per fare! Imparali a memoria, come sai fare tu… no, no, nooo!!

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6. Dell’essere del non-essere

L'hai fatto. Come, come hai potuto? Noi li abbiamo visti. Ci abbiamo parlato. Erano bellissimi. Erano dolcissimi. Abbiamo giocato e scherzato insieme. Eravamo stati insieme nel tuo grembo, prima che tu stesso potessi conoscerli. Alcuni erano delle poesie d’una musica struggente. Le sillabe s’inanellavano innalzando aneliti di oblio senza morte. Le vocali echeggiavano di parola in parola creando sonorità mai udite prima. E le consonanti, le consonanti, come si dondolavano in quel mare di vocali, anche le occlusive, di solito così brusche e scontrose, come scivolavano sorridenti in quei versi armoniosi. Orfeo li avrebbe amati e cantati anche se non erano nella sua lingua. Come hai potuto? Come, come hai potuto?

 

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